Che cos’è l’homeschooling, o educazione parentale? Perché alcuni genitori scelgono di non mandare i propri figli a scuola? Quali sono i vantaggi e le criticità legati a questa decisione?
Ne abbiamo parlato con Katia Prati che ci ha raccontato anche la sua esperienza.
Prima parte.
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Che cosa si intende per educazione parentale?
Fare Educazione Parentale significa decidere di educare e istruire i propri figli al di fuori dell’istituzione scolastica. Ricade nella definizione di EP sia chi sceglie di occuparsi direttamente dell’istruzione dei figli sia chi preferisce iscriverli a scuole non parificate (per esempio le cosiddette “scuoline”, le scuole nel bosco, alcune scuole Steineriane o Montessoriane ecc.) sia chi si appoggia a formatori esterni al nucleo familiare. Molte famiglie di homeschoolers si uniscono in gruppi territoriali per creare laboratori didattici, gite, visite ai musei o a teatro o semplici momenti di condivisione, gioco e confronto.
Quanto è diffusa in Italia e all’estero?
Nel 2014-2015 il MIUR ha registrato circa un migliaio di famiglie che hanno optato per l’homeschooling, soprattutto nelle scuole secondarie, con picchi in alcune regioni (Sicilia e Campania). Questo numero, negli ultimi anni, è in continuo aumento. Negli Stati Uniti sono circa 2 milioni, più o meno 70 mila in Inghilterra, 60 mila in Canada, 3 mila in Francia e 2 mila in Spagna (dati relativi al 2012). Ci sono più di 900 università al mondo che accettano studenti che provengono dall’EP, tra cui Harvard, Yale, Cornell e Princeton.
Quali sono i vantaggi di questo metodo educativo e quali invece le criticità?
I vantaggi sono quelli di permettere ai bambini di seguire i propri ritmi di crescita e apprendimento senza imposizioni, forzature e paragoni spesso svilenti, di assecondare la loro naturale curiosità ed entusiasmo, di permettere loro di perseguire le proprie attitudini e passioni senza relegarle ai ritagli di tempo, di vivere le proprie giornate in piena libertà senza il vincolo di orari e impegni che, spesso, limitano i momenti di svago, di ridurre lo stress sia dei genitori sia dei ragazzi.
La criticità principale, a mio parere, è quella di doversi ri-educare ad un modo di vivere la famiglia e i figli che, spesso, non è ben visto nella società attuale in cui la spinta all’indipendenza precoce e al distacco dagli affetti sono, erroneamente, assurti al livello di valori primari. Gli altri limiti sono la necessità di avere una realtà familiare e occupazionale che permetta a uno o a entrambi i genitori o ad altri adulti di riferimento di essere presenti nell’affiancare i ragazzi in questo percorso.
A quali fasce d’età si rivolge?
A tutte, dai bimbi in età d’asilo ai ragazzi delle superiori.
Non frequentare la scuola non priva il bambino di occasioni di socialità e crescita importanti per il suo sviluppo?
Indubbiamente la scuola offre un ambiente in cui stare con tanti bambini per molte ore al giorno, dobbiamo però chiederci cosa intendiamo per “socialità”. La socialità a scuola non è spontanea, né libera. Il fatto di stare ore seduti accanto a dei coetanei con cui però si deve interagire il meno possibile non è sicuramente poi garanzia di una sana vita sociale, né sinonimo d’interrelazione costruttiva per la loro crescita. I bambini hanno pochi minuti durante le ore scolastiche per potersi confrontare serenamente tra di loro, vivono in spazi controllati, sottoposti a regole restrittive in cui difficilmente possono riconoscersi e, soprattutto, non hanno la libertà di scegliere con chi realmente vogliono passare il proprio tempo. In generale, chi fa educazione parentale ha più tempo a disposizione per vivere momenti di aggregazione, per fare gite e, soprattutto, ha una maggior libertà di scegliere chi frequentare e la possibilità di instaurare relazioni più spontanee e autentiche. Le potenzialità di crescita si ampliano perché, il più delle volte, la vita sociale dell’homeschooler è più libera, a contatto con età e culture differenti. Nel tempo ritrovato, ci sono più occasioni di conoscere il mondo reale, non rinchiusi per quasi 8 ore tra le mura di istituti spesso non adeguati alle necessità dei nostri ragazzi.
Non trascurabile è anche il fatto che gli homeschooler crescono in realtà in cui l’assenza di giudizi e voti permette loro di non sentirsi “superiori” o “inferiori” alle persone con cui condividono la giornata. Inoltre, come ormai dimostrato da numerosi studi pedagogici, il maggior contatto con il nucleo familiare di origine, soprattutto nei primi anni di vita, consolida il senso di sicurezza in sé e agevola lo sviluppo dell’autostima, basi necessarie per stimolare una sana autonomia.
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A livello didattico come funziona?
Come detto sopra, ogni famiglia sceglie come organizzarsi. Ci sono genitori che decidono comunque di seguire le indicazioni dei programmi ministeriali utilizzando i testi scolastici consigliati, altri che seguono i programmi usando metodi alternativi a quelli tradizionali, altri ancora che invece preferiscono affidarsi a un percorso più spontaneo e naturale in cui l’adulto rientra solo come sostegno e non più come unica guida (questa tipologia di EP è definita anche unschooling). Il genitore unschooler, in linea di massima, non fornisce nozioni, ma è a disposizione quando il bambino mostra interesse e inizia a esprimere le proprie passioni e i propri talenti per supportarlo nell’approfondimento e nell’esperienza.
I bambini sono spontaneamente spinti ad assimilare informazioni e imparare, l’entusiasmo che dimostrano di fronte a ogni nuova scoperta è ciò che permette loro di cristallizzare le esperienze e farle proprie nel profondo. In questo modo la loro innata creatività non viene tarpata e saranno loro stessi a voler conoscere sempre di più. Molte famiglie che tengono i bambini a casa da scuola creano gruppi in cui i momenti di convivialità si trasformano in laboratori didattico-creativi e viceversa, si organizzano gite a musei, mostre, teatri, centri storici ecc. Il tempo libero dagli impegni scolastici e dai compiti permette di poter gestire le giornate con molta più libertà e serenità.
I genitori che scelgono questo metodo devono avere delle competenze specifiche?
Secondo le normative vigenti, i genitori che optano per l’EP devono dichiarare di avere le capacità “tecniche” necessarie per provvedere da soli all’istruzione o, in alternativa, di avere le capacità economiche per affidarsi a una scuola o a istitutori privati. In realtà, non esiste una definizione chiara del livello “tecnico” considerato necessario.
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di Alessandra Profilio, su Italia che cambia (www.italiachecambia.org), 7 aprile 2017
http://www.italiachecambia.org/2017/04/homeschooling-o-educazione-parentale-ecco-cose-prima-parte/
Seconda parte.
[…] L’educazione parentale è riconosciuta o regolamentata in qualche modo nel nostro Paese?
Assolutamente sì. L’istruzione a casa (paterna), è un diritto/DOVERE previsto dalla legge in modo molto esplicito. L’Art. 30 della Costituzione Italiana riconosce questo diritto: “E` dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio. Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti.” I costituenti hanno voluto affidare ai genitori il diritto e dovere di provvedere all’istruzione ed educazione dei figli e solo in caso di “incapacità” possono delegare allo stato che a quel punto provvede sostituendosi a loro.
Questa scelta del genitore come unico e reale soggetto nell’istruzione del figlio è rafforzata grazie all’articolo 147 del Codice Civile che dice: “i genitori devono tener conto nel processo educativo “delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli”. E ancora, all’Art. 33 della Costituzione: “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento. (…) Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato. La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali”.
In che modo viene attestato l’assolvimento dell’obbligo?
Non esiste “obbligo scolastico”, ma obbligo all’istruzione. Allo stato attuale, ai sensi del D.lgs. 76/2005 – Art. 1, comma 4 (“I genitori, o chi ne fa le veci, che intendano provvedere privatamente o direttamente all’istruzione dei propri figli, ai fini dell’esercizio del diritto-dovere, devono dimostrare di averne la capacità tecnica o economica e darne comunicazione anno per anno alla competente autorità, che provvede agli opportuni controlli”), la verifica avviene sulla base di un dialogo aperto e costruttivo tra i Dirigenti scolastici e le famiglie, nel rispetto delle diversità dei percorsi e degli stili di apprendimento individuali.
Sono previsti esami?
Il nostro ordinamento scolastico è fondato sul valore legale dei titoli di studio (riferimento normativo: art. 33, comma 5 della Costituzione Italiana). La legge italiana prevede e riconosce che l’istruzione paterna sia idonea per l’assolvimento dell’obbligo scolastico, ma non per il rilascio di titoli di studio aventi valore legale. Ovviamente la legge prevede la possibilità per i ragazzi non iscritti alla scuola abilitata di poter conseguire il titolo intermedio o conclusivo in qualità di privatista. Finora, la partecipazione dei figli agli esami d’idoneità ANNUALI e/o a quelli di stato
è stata a discrezione dei genitori, ma è attualmente in discussione al governo una legge che prevedrebbe l’obbligatorietà di esami d’idoneità annuali per i ragazzi che fanno EP.
[…] Come ho detto sopra, buona parte degli homeschooler non segue i programmi indicativi del ministero, imporre l’obbligo di un esame annuale contrasta con il principio base di seguire le inclinazioni e i tempi di apprendimento dei ragazzi e introduce, di fatto, un anticostituzionale obbligo di valutazione.
È sostanzialmente un tentativo di colmare la scarsa chiarezza di alcune normative attuali (come le modalità di vigilanza sull’assolvimento dell’obbligo d’istruzione) ledendo, di fatto, la base di un diritto sancito dalla costituzione e rafforzato da altre norme (vedi Costituzione Art. 30 e 33, Codice civile art. 147) che, attualmente, non sono messe in discussione.
Cito dall’email inviata al Governo: “[…] la prescrizione di un esame annuale si porrebbe in contrasto con le Indicazioni Ministeriali per l’istruzione del primo ciclo, che esplicitamente invitano alla “contestualizzazione di contenuti, metodi, organizzazione” (Indicazioni nazionali, D.M. 254 del 16 novembre 2012, p.12). Più volte, nelle Indicazioni, è ribadito che “l’alfabetizzazione di base è da conseguirsi nel corso dei cinque anni di scuola primaria e dei tre anni di secondaria inferiore, rispettando le individualità dei formandi.” (Ibidem)
di Alessandra Profilio, su Italia che cambia (www.italiachecambia.org) , 11 aprile 2017
http://www.italiachecambia.org/2017/04/homeschooling-come-funziona-italia/