Il processo dell’apprendimento – cos’è? (Bertrand Stern)

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Condividiamo il pensiero sull’apprendimento del pensatore contemporaneo Bertrand Stern.

 

Il processo dell’apprendere liberamente, radicato nella persona, sgorga da un bisogno di seguire le orme della propria vitalità, identità, evidenza. Questo processo è come un sole che brilla verso l’esterno.

Tanto universali sono la necessità e la capacità di apprendere, altrettanto diverse sono le forme di cui il processo empirico si riveste: perché l’apprendimento è una dinamica ancorata all’esterno, satura di aspetti sociali, religiosi, culturali, tecnici ed altri ancora.

Su questo punto, un’affermazione programmatica di Wilhelm von Humboldt (1767-1835), di duecento anni fa:

Qualsiasi apprendimento ha la sua origine solo all’interno dell’anima e dagli eventi esterni può solo essere indotto, mai creato.”[1]

Ogni persona si esperimenta ovviamente nella continua simbiosi fra il suo bisogno e la sua capacità di dispiegarsi da un lato, e la realtà esterna e culturale dell’apprendimento dall’altro.

Per maggiore chiarezza, questa distinzione può essere paragonata alla capacità di parlare e alla lingua. E’ noto infatti che l’essere umano nasce privo di un linguaggio verbale ed esplora la propria voce, il parlare e poi la propria “lingua-madre”. Scopre anche un’ulteriore peculiarità della specie umana: la capacità di astrazione. Come avvengono tutti questi processi miracolosi? Attraverso il con-fluire della capacità e predisposizione personali da un lato e le condizioni di un ambito sociale e culturale dall’altro.

Più concretamente: l’osservazione del rapporto qualitativo della persona con l’apprendimento, mostra che la dimensione temporale, spaziale e oggettuale di un processo di apprendimento vivo e vissuto significa due cose:

  • da un lato, la comunicazione immediata del rapporto io-tu è il terreno fertile dell’esperienza veramente prospera dell’apprendere. In questo senso, qui non si tratta di un’apologia di un processo di apprendimento narcisistico che stimoli l’egocentrismo patologico a spese della socializzazione;
  • dall’altro, un processo di apprendimento vivo contiene ovviamente innumerevoli aspetti dell’eredità culturale, tecnica, religiosa a noi familiare, che a nostra volta tramandiamo, come ad esempio la lingua. Tale apprendimento è un fattore di identità personale e socio-culturale. Quest’esperienza nasce dove personalità e ambiente entrano in contatto, dove si incontrano la sorgente del desiderio di conoscenza e le condizioni socio-culturali, dove la persona che si sta formando sta in una relazione costante e immediata con i suoi simili e il suo ambiente.

A questo punto, può essere interessante la descrizione che dà di apprendimento Johann Wolfgang von Goethe (1749-1832) nel suo “Massime e riflessioni”[2]:

Esprimersi è natura; assumere ciò che è stato espresso così com’è dato, è apprendimento”.

Questa relazione unica della persona con il suo ambiente mi pare descritta efficacemente dalla parola “interesse”: inter-esse [n.d.r.: in latino, essere fra], innanzi tutto come ciò che sta in mezzo. Cosa c’è fra il mondo dell’io e il mondo intorno all’io? La capacità di prestare attenzione a quest’ultimo!

Definendo “interesse” la simpatia per ciò che succede intorno a me, questa parola assume la sua vera connotazione umana: “interesse” significa trasformazione, se non addirittura trascendenza, dell’originaria, egoistica brama di sapere, in un’autentica relazione con il mondo.

Quando mi sento sfidato, letteralmente sollecitato, dall’interesse ad uscire dall’apparente sicurezza dell’esistente e del noto e ad aprirmi all’altro, all’estraneo, al nuovo, questo processo rappresenta un’esperienza di arricchimento, di appagamento, di maturazione. E’ questo il processo di cui parlo quando dico che il processo di apprendimento unisce i due fattori della potenzialità innata della persona e dell’ambiente culturale.

Intendeva questo Moses Mendelssohn (1729-1786), quando nel 1784 descrisse l’apprendimento come “unione di cultura e chiarimento[3]”?

E Wilhelm von Humboldt scriveva nel 1793:

Il compito ultimo della nostra esistenza è quello di procurare al concetto di umanità nella nostra persona il più grande contenuto possibile; questo compito si risolve solo attraverso l’intreccio del nostro io con il mondo per arrivare alla simbiosi più generale, vivida e libera.”

Perciò l’essere umano deve “muoversi da sé stesso verso gli oggetti al suo esterno ed è fondamentale che in questa alienazione non si perda, ma rifletta invece al suo interno la luce che rischiara e il calore benefico di tutto ciò che percepisce al di fuori di sé.”

Bertrand Stern, “Basta scuola! – il diritto umano di formarsi liberamente”,
(titolo originale: “Schluß mit Schule! – das Menschenrecht, sich frei zu bilden“),
Tologo Verlag, 2016, pag. 49 e segg.
Traduzione dal Tedesco di Nunzia Vezzola

[1] Wilhelm von Humboldt, “Gesammelte Schriften”, Aksd. 1.70

[2] Titolo originale: “Maximen und Reflexionen”

[3] L’autore usa il termine “Aufklärung”, che significa Illuminismo, ma anche delucidazione, chiarimento.

 

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Credits: foto di Marta

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