Nella sua lettera del 1588 a Diane de Foix, contessa di Gurson, Michel de Montaigne le suggerisce quali debbano essere, secondo lui, le caratteristiche del precettore ideale. Un testo di straordinaria modernità.
Ne proponiamo un estratto.
“[…] che abbia voglia di farne [n.d.r. di fare dell’allievo] un uomo abile piuttosto che un sapiente, […] un precettore con la testa ben fatta piuttosto che ben piena […].
Vorrei che […], a seconda del tipo di anima che ha tra le mani, cominci ad osservarla facendole gustare le cose, facendogliele scegliere e discernere da solo, talvolta aprendogli la strada, altre volte lasciandola aprire a lui.
Non voglio che elabori cose e parli da solo, voglio che ascolti il suo discepolo parlare a sua volta. Socrate faceva parlare prima di tutto i suoi discepoli e poi parlava lui.
E’ bene che lo lasci trotterellare davanti a sé, per valutare la sua andatura e giudicare fino a che punto deve abbassarsi per adeguarsi alla sua forza. In mancanza di questo studio si rovina tutto; saper scegliere questo approccio e farlo correttamente è uno dei compiti più ardui che io conosca. La prova che un’anima è elevata e molto forte è proprio il fatto di sapersi adeguare ad andature puerili e di guidarle. […]
Cattivi esempi del 1588
Quanto a coloro i quali, come si usa oggigiorno, con la stessa lezione e lo stesso approccio pretendono di dirigere più menti di misure e forme tanto diverse, non ci si deve meravigliare se, di un’intera popolazione di bambini, ne incontrano a mala pena due o tre che traggono qualche frutto buono dalla loro disciplina.
Che non gli chieda conto solo delle parole della sua lezione, ma del loro senso e della sostanza e che giudichi il profitto, non dalla testimonianza della sua memoria, ma dalla sua vita. […] è sintomo di difficoltà digestive e d’indigestione il fatto di rigurgitare la carne nello stesso stato in cui la si è ingurgitata: lo stomaco non ha svolto la sua funzione se non ha prodotto il cambiamento della tipologia e della forma di ciò che gli è stato dato da digerire.
La metafora delle api
[…] Le api raccolgono dai fiori qua e là, ma poi ne fanno del miele, che è tutto loro; non è più né timo né maggiorana. Altrettanto con i brani presi da altri: li trasformerà e li assemblerà per farne un’opera tutta sua, la sua capacità di giudizio. La sua istruzione, il suo lavoro, il suo studio ha come unico obiettivo quello di formare il suo spirito critico. Il guadagno del nostro studio è quello di essere diventato migliore e più saggio.”
Michel de Montaigne, Essais, I, 26, “De l’institution des enfants”, 1588
Traduzione dal Francese di Nunzia Vezzola
Credits: foto di Sergio Leali
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Grazie, questo testo mi ha ispirata molto!
Che bello!! Grazie di averlo condiviso.