Il modello prussiano

prussianoQuello che segue è un estratto di un testo di Matt Ridley, nel quale riferisce la teoria del cosiddetto modello prussiano, formulata da Stephen Davies.

Lo storico dell’economia Stephen Davies collocava la nascita della forma moderna di scuola nel 1806, l’anno in cui Napoleone sconfisse la Prussia.

Ferito da questa umiliazione, lo Stato prussiano seguì il consiglio della sua guida intellettuale Wilhelm von Humboldt e formulò un programma di formazione obbligatoria e rigorosa, il cui obiettivo era principalmente quello di addestrare i giovani uomini ad essere soldati obbedienti che non avrebbero disertato.

Caratteristiche del modello prussiano

Furono le scuole prussiane ad introdurre molte delle caratteristiche che noi ora consideriamo ovvie.

C’era un insegnamento basato sui gruppi d’età e non sulle abilità, il che aveva senso se l’intento era quello di produrre reclute militari e non cittadini a tutto tondo. E c’era una pedagogia formale in cui i bambini stavano seduti in file di banchi di fronte ad insegnanti in piedi, invece di, poniamo, deambulare insieme secondo la modalità dell’antica Grecia. C’era anche la giornata scolastica tipo, ritmata dal suono della campanella. E poi c’era un sillabo predeterminato, e non un apprendimento attraverso un processo aperto. C’era l’abitudine ad affrontare più materie in una giornata, piuttosto di stare su un argomento per più di un giorno.

Tali caratteristiche hanno senso, sostiene Davies, se si vuole plasmare la gente [trasformandola] in reclute di un esercito di coscritti per combattere Napoleone.

Fortuna del modello prussiano

L’esperimento prussiano fu notato soprattutto al di là dell’Atlantico. […]

Horace Mann, generalmente considerato uno dei padri del sistema scolastico pubblico americano, fu un convinto studioso del modello prussiano. Visitò la Prussia nel 1843 e tornò determinato ad emulare le scuole pubbliche di questo Paese. Nel 1852 il Massachussets adottò esplicitamente il sistema prussiano, seguito subito dopo da New York. Secondo la concezione di Mann, l’obiettivo del sistema scolastico pubblico non era principalmente di aumentare gli standard (dopo tutto, intorno al 1840 l’alfabetizzazione negli Stati  Uniti del Nord aveva già raggiunto il 97%), ma di trasformare bambini turbolenti in cittadini disciplinati. Non poteva essere più chiaro  che ciò era per il bene della nazione e non per i bisogni degli individui.

Si legge nella voce di Wikipedia dedicata a Mann: “instillare valori come l’obbedienza all’autorità, la prontezza nella partecipazione ed organizzare il tempo secondo il suono della campana aiutava gli studenti a prepararsi ad un impiego futuro”.

Non è una coincidenza che molti pensassero al tempo che i valori americani fossero a rischio di diluizione per effetto degli immigranti cattolici e che questo fosse una grande parte del motivo per cui lo Stato si accollava il sistema scolastico.

Nel suo libro The Rebirth of Education, Lant Princhett riporta la confessione franca di un ministro dell’istruzione giapponese del 19° secolo: “Nell’amministrazione di tutte le scuole bisogna tenere a mente che ciò che si deve fare non è nell’interesse degli studenti, ma nell’interesse della nazione.”

Lo spiazzamento delle scuole private

Alcuni anni dopo, i Britannici intrapresero la stessa strada, principalmente per creare impiegati che facessero funzionare il loro impero.

I Britannici, come disse Sugata Mitra nella sua lettura TED del 2013,  si sono organizzati per creare un grande computer con cui gestire i loro possedimenti molto distanti, una macchina amministrativa fatta di parti interscambiabili, ciascuna delle quali casualmente era umana. Al fine di produrre queste parti avevano bisogno di un’altra macchina, educativa, che avrebbe prodotto in modo affidabile gente che sapeva leggere velocemente, scrivere in modo leggibile e far di conto, sottrazioni e moltiplicazioni mentali.

Come disse Mitra, “devono essere talmente identici che se ne può prendere uno dalla Nuova Zelanda e imbarcarlo per il Canada e sarebbe operativo all’istante.”

Da: Matt Ridley, “The Evolution of Everything: How New Ideas Emerge”, Harper, 2015, pagg. 175-177

Traduzione dall’Inglese di Nunzia Vezzola

Altri articoli di questo sito sulla storia della scuola di massa:

The Evolution of Education

La scuola e l’istruzione – uno studio storico

Video di Stephen Davies su temi analoghi:

Choice in Schools or Choice in Education?

The Current Revolution in Education

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