Approfondimento normativo sul diritto al riposo e allo svago dei nostri figli

Sempre più spesso, purtroppo, ascolto il lamentio di genitori per i troppi compiti assegnati ai propri figli. Alcuni bambini, già dalle elementari, studiano fino alle 10 di sera! E il giorno dell’interrogazione si alzano presto la mattina per ripassare! Ma stiamo scherzando? Quando hanno il tempo di giocare questi bambini?

Tutto ciò mi rende molto triste. Ma ecco, per fortuna, ci vengono in aiuto alcune leggi, che vado ad elencare.

Innanzitutto è bene citare una circolare ministeriale (la n. 177 del 1969, con un rinvio alla n. 62 del 1964) che disciplina il riposo festivo degli alunni e le modalità con le quali dovrebbero essere assegnati i compiti a casa. La circolare invita i docenti ad osservare alcuni fondamentali principi per tutelare il diritto dei bambini e ragazzi di trascorrere del tempo insieme alla propria famiglia, in modo da rafforzare i legami affettivi. Nella circolare viene posto l’accento anche sulla necessità di ampliare “la consapevolezza e la comprensione al di fuori dell’ambito dell’attività prettamente scolastica di alcuni aspetti della dinamica della vita del nostro paese, quali la sua affermazione nel contesto del mondo civile, il suo progresso economico, lo sviluppo delle istituzioni democratiche, la partecipazione attiva a tutte le manifestazioni volte ad esaltare nelle coscienze gli ideali della democrazia, della libertà, della patria, della famiglia, postulando in maniera non meno sentita l’esigenza di nuove aperture in tema di processo formativo dei giovani”.

Alcuni insegnati, a difesa delle loro tesi, potrebbero appellarsi però al decreto del Presidente della Repubblica n. 275/1999, che ha per oggetto il regolamento recante le norme sull’autonomia delle istituzioni scolastiche ai sensi dell’art 21 della legge n. 59 del 15 marzo 1997.

In sostanza questo atto avente forza di legge attribuisce alle scuole la libertà di gestire l’offerta formativa e il carico di lavoro degli studenti.

A questa citazione di legge si può certamente controbattere con la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, art. 24: “Ogni individuo ha diritto al riposo ed allo svago, comprendendo in ciò una ragionevole limitazione delle ore di lavoro e ferie periodiche retribuite”. E se è vero che quello degli studenti è equiparabile a un lavoro a tutti gli effetti, la scuola dovrebbe riconoscere e garantire loro un adeguato periodo di riposo, tanto in fatto di quantità quanto in fatto di qualità.

Qualcuno potrebbe non condividere l’equiparazione tra alunni e lavoratori e allora vale la pena tirare in ballo anche la Convenzione sui diritti dell’infanzia, ratificata con legge dello Stato Italiano, che dedica al riposo dei ragazzi l’articolo 31: “gli Stati parti riconoscono al fanciullo il diritto al riposo e al tempo libero, a dedicarsi al gioco e ad attività ricreative proprie della sua età e a partecipare liberamente alla vita culturale ed artistica.”

Anche l’OCSE boccia la scuola italiana per i troppi compiti a casa (articolo Repubblica 23.06.2017).

Sarebbe bene che alcuni insegnanti riflettessero su queste considerazioni e si adoperassero per cambiare il loro sistema di insegnamento che rischia oltretutto di avere solo effetti demotivanti e controproducenti sul piano dell’apprendimento.

Le famiglie, da parte loro, potrebbero pensare di trascinare nelle aule di un tribunale qualche insegnante con una richiesta di risarcimento del danno. Azione che, se accolta, avrebbe l’effetto di far seguire una valanga di iniziative legali contro quei docenti che si ostinano ad ignorare i problemi di famiglie ed alunni e potrebbero trovarsi, prima o poi, con un pignoramento sullo stipendio.

Ricordo, infine, l’homescooling per chi volesse sperimentare un metodo diverso di apprendimento per i propri figli, non più basato sull’imposizione allo studio ma sugli interessi e passioni naturali del bambino (recenti studi ne confermano il successo).

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