Avevamo già parlato di gioco con Barbara Arduini; il gioco del dipingere nel closlieu presenta una situazione speciale.
Oggi la parola educazione ha perso il suo significato originario: ci siamo dimenticati che “educazione” deriva dal verbo latino educere che significa “trarre fuori”. Troppo spesso con educazione intendiamo una trasmissione di saperi e per questo la associamo alla parola “insegnamento” intendendo così un insieme di conoscenze della realtà da “mettere dentro”. E questo “mettere dentro” crea confusione nel bambino che non riesce più a distinguere ciò che può e vuole fare da ciò che gli altri si aspettano da lui.
Nell’adulto questo condizionamento causa un dualismo che mette a repentaglio il raggiungimento della felicità!
Immaginate di essere con un bambino. Immaginate di chiedergli che cosa sta facendo o cosa sta disegnando …egli non darà forse una giustificazione, una risposta? Quale sarà la vostra risposta o la vostra reazione, positiva o negativa, sarà come dire: io so quello che è giusto o sbagliato… e il bambino in base alla nostra risposta si comporterà di conseguenza sopprimendo ciò che in lui sgorga in modo naturale.
Spesso ciò che per il bambino è necessario fare, agli occhi dell’adulto appare come una perdita di tempo perché ogni azione deve avere un obbiettivo, un fine, peggio ancora, deve produrre qualcosa…
Facendo domande distogliamo il bambino dall’esperienza che sta catturando tutti i suoi sensi. Portiamo la sua attenzione fuori da lui, disturbiamo la sua concentrazione per direzionarlo verso ciò che noi riteniamo opportuno egli impari.
Imparerà certo qualcosa e cioè a soddisfare le nostre aspettative pensando che quello che fa non va bene. Diventerà dipendente da noi perché facendo così, anche guidati dalle più buone intenzioni, noi avremmo imposto la nostra superiorità. E il bambino che segue il suo bisogno di sentirsi amato farà di tutto per assecondarci. Farà quello che fa piacere a noi e non disegnerà più seguendo l’impulso naturale della memoria organica (la memoria delle sensazioni registrate nell’utero materno).
Questa disconnessione con i desideri più profondi lo distoglierà dal suo centro: fonte inesauribile di energia vitale per l’essere umano. Dovendo trovare le giustificazioni a quello che fa sarà portato a confrontarsi con la sua parte razionale che pone limiti e divieti alla conoscenza del mondo fuori e dentro di lui. Imparerà che ciò che fa deve raccogliere consensi.
Egli pian piano perderà il piacere di fare per se stesso. L’entusiasmo che guida ogni sua scoperta sarà sostituito da un appiattimento delle sue emozioni con conseguente alienazione dalla vita.
Un gioco che rigenera.
Nel Closlieu, al riparo da ogni giudizio e da ogni interpretazione, la persona potrà sviluppare quelle facoltà
dell’immaginazione che la guideranno alla scoperta di se stessa e delle sue potenzialità.
Lo scopo de “Il Gioco del Dipingere” è permettere che la persona trovi se stessa nell’imprevisto, in ciò che spesso definiamo errore, nel provare a percorrere nuove strade, mai battute da altri. Questo atteggiamento di fiducia porta la persona al di là della ragione. La porta a sondare e cercare se stessa usando la sua parte destra del cervello (quella creativa). Ciò che si scopre in questo viaggio affascinante dentro l’ignoto rianima l’entusiasmo. È la scoperta di qualcosa di nuovo che tiene viva quella fiamma ardente che è dentro ad ognuno di noi fin dalla nascita, come ci ricorda Andrè Stern, figlio di Arno Stern, fondatore del movimento “Écologie de l’enfance”.
Il Closlieu è disorientante: viviamo un momento “non verticale” nessuno insegna, nessuno giudica. In questo luogo si obbedisce soltanto ad una necessità appagante, quella di usare un linguaggio che ridesta capacità anchilosate.
Oggi più che mai dipingere liberamente e nel luogo predisposto a questo è necessario.
Il Closlieu in questo senso diventa una palestra di vita che può davvero aiutare la persona a vivere la relazione, con se stessa e con gli altri, in maniera più libera e soddisfacente. Perché in questo gioco si sviluppano le nostre facoltà creative che ci serviranno ad affrontare le diverse situazioni trasformando i “problemi” in “opportunità”.
Articolo già pubblicato in “Il cerchio” – Atelier di espressione