André Stern: un ragazzo normale con dei veri genitori normali

Chiedo venia per chiamarlo “ragazzo”, con orgoglio mio coscritto classe 1971, e soprattutto uso la brutta parola “normale”.
Di solito la normalità non mi piace perché comunemente viene intesa come il far parte della cosiddetta maggioranza che fa sentire bene, perché il proprio stato è condiviso con quello di molti altri (anche fosse una condizione misera, ma tanti vivono così allora ci si sente “bene”).
La normalità che intendo per gli Stern, padre e figlio, significa per me in questo caso scegliere e vivere pienamente, realizzarsi per ciò che si è chiamati, ed essere conseguentemente felici.
Questo dovrebbe essere normale, nascere per realizzarsi ed essere felici.
Purtroppo è normale il contrario: vivere infanzie piene di problemi, magari fin da prima del parto, trascinarseli dietro per decenni e continuare a sbattere la testa sperando un bel giorno di aprire gli occhi, cambiare ed essere felici.
La grandezza di André per me è la sua fortuna: quali traumi avrà mai vissuto da bambino?
Lasciato libero e al tempo stesso guidato da genitori assolutamente illuminati, non può altro che testimoniare entusiasmo in ogni secondo della sua vita, esistere pienamente in ogni istante e vivere spontaneamente il “qui e ora” che insegnano continuamente i grandi maestri.
Questa è l’ondata che mi è arrivata quel bellissimo giorno a Belluno e per cui ti ringrazio, caro coetaneo.
Non è tanto perché non è andato a scuola. La scelta di fare homescholing, unschooling o altro non ha nessuna importanza, non è quella che conta. Dovessi scegliere tra ascoltare un illuminato che è andato a scuola e un malato che fa homescooling, preferei l’illuminato che è andato a scuola.
La vera profondità di una persona è la persona, è dentro i suoi occhi, non è nelle sue scelte.
In questo momento della mia vita mi sento molto determinata in questa cosa, perché dopo 4 anni di educazione parentale voglio sentirmi libera da questa “scelta”, dalla quale allo stesso tempo non tornerei indietro.
Home schooling non è una religione, non c’è un modo “giusto” di farla e non è una scelta migliore o peggiore di altre.
Questo messaggio mi è arrivato forte da André, ad alcune domande che ha ricevuto si è rifiutato anche di usare questi termini (homeshooling, unschooling) perché potrebbero sembrare una religione, un qualcosa di dogmatico.
Lui ha semplicemente vissuto, da persona veramente normale, e continua a vivere.
Grandissima testimonianza, davvero. Merci.

Michela Bellia

Qui trovate il link all’evento.

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