Gioco è apprendimento è il tema dell’intervento di Barbara Arduini al convegno “Possibilità di cambiamento nel sistema dell’istruzione”, organizzato da LAIF durante l’Ecofestival del Garda “There is no planet B” a Manerba del Garda. Il video si trova a questo link.
Quella che segue è la riflessione di Barbara, che muove dai suoi studi e dalle esperienze dirette di accompagnatrice della scuola nel bosco.
Ciò che a livello culturale si sta facendo ancor oggi è preparare l’individuo ad un tipo di sistema che favorisce e perpetua il sistema economico attuale basato sulla produzione ed il profitto. Ma questo modo di vivere ha portato l’essere umano all’alienazione da sé e dalla vita. Il ritmo ed il modo in cui viviamo è causa di un generalizzato malessere profondo che pervade la società a tutti i livelli.
Ritornare ad umanizzare la società significa ritornare alla centralità della persona cambiando il nostro abituale modo di pensare e di agire. Significa per l’adulto iniziare ad osservare un bambino prima di agire, ad ascoltare le sue domande prima di fornirgli risposte, dobbiamo lasciare spazio ai bambini perché possano esprimersi e diventare ciò che portano in germe fin dalla nascita.
“Qual è la prima cosa che un bambino fa quando lo si lascia tranquillo? Gioca… E se non venisse interrotto? Giocherebbe sempre. Dunque perché lo interrompiamo? Perché abbiamo paura che giocare non sia sufficiente alla sua formazione in vista del suo futuro lavorativo.” Da un discorso di Andrè Stern, fondatore del movimento per l’ecologia dell’infanzia e direttore dell’Arno Stern Institute, facciamo alcune riflessioni che possono cambiare il nostro sguardo sull’educazione.
Per il bambino imparare e giocare sono sinonimi. Imparare è l’effetto secondario del gioco e l’apprendimento è quel che resta dell’esperienza. Ma noi siamo riusciti a separare il gioco dall’apprendimento. Non solo li abbiamo separati ma li abbiamo posizionati agli estremi opposti sulla scala della serietà: il gioco non è per niente serio e l’apprendimento è serissimo. In questo modo abbiamo completamento degradato il gioco. Il gioco è relegato a quando ci avanza tempo. Ma è proprio il gioco invece la cosa più seria dell’infanzia. E quale tipo di gioco? Il gioco libero innanzitutto, strutturato dai bambini e non dagli adulti: un gioco esplorativo, perché i bambini hanno bisogno anche di spazi di autonomia, lontano quanto basta dagli occhi degli adulti, il bambino non può rimanere sempre sotto stretta sorveglianza (alla scuola nel bosco ad esempio i bambini sanno fin dove possono andare in esplorazione in autonomia). “È giocando tra loro, lontano dagli adulti, che i bambini imparano a prendere decisioni, a gestire emozioni e impulsi, ad assumere punti di vista diversi, a trovare compromessi e a fare amicizia. In poche parole, è giocando che i bambini imparano ad assumere il controllo della loro vita.” Peter Gray – Lasciateli giocare – Einaudi 2015
Disgiungendo l’apprendimento dal gioco orientiamo il bambino a pensare che quello che egli fa non è importante: nel suo cervello si attiva lo stesso circuito neuronale di un dolore fisico intenso, lui penserà di essere sbagliato perché il bambino non pensa mai che sia l’adulto ad avere un problema. Il bambino, che ha il bisogno primario di sentirsi amato e riconosciuto, penserà che deve diventare come noi lo vogliamo, allontanandosi sempre di più da sé stesso.
Giocare liberamente è un impulso naturale e soffocare questo bisogno biologico non faciliterà lo sviluppo cognitivo, anzi limiterà le sue potenzialità. “Il gioco è il sistema cui la natura ricorre per insegnare ai bambini a risolvere i problemi, controllare gli impulsi, modulare le emozioni, mettersi nei panni degli altri, negoziare le differenze, andare d’accordo e sentirsi alla pari con chi hanno intorno.” Peter Gray – Lasciateli giocare – Einaudi 2015. Nessuna delle attività organizzate dagli adulti può controbilanciare l’apprendimento che avviene giocando liberamente.
Barbara Arduini