Corona virus ed “esame di idoneità  per il passaggio alla classe successiva”. Questi alcuni dei termini della questione affrontata nel decreto scuola 2020 e che sta interessando molte famiglie in istruzione parentale/familiare, ma soprattutto chi  sta attuando la scuola a distanza.

Il recentissimo provvedimento del Consiglio dei Ministri non fa molta chiarezza rispetto alle nostre situazioni.

Il dato certo è che conferma la distinzione tra chi segue un percorso scolastico e chi segue il percorso extrascolastico, non menzionando esplicitamente la categoria istruzione parentale, ma richiamando quella di candidati privatisti.
Per loro non si esplicita nel dettaglio, segnalando però sempre il fatto che sarà salvaguardata “l’omogeneità di svolgimento rispetto all’esame dei candidati interni“.

Il dato generale è che ci sarà una maggior “elasticità”: “Art 1, comma 2: Le ordinanze di cui al comma 1 definiscono le strategie e le modalità dell’eventuale integrazione e recupero degli apprendimenti relativi all’anno scolastico 2019/2020 nel corso dell’anno scolastico successivo, a decorrere dal 1° di settembre 2020, quale attività didattica ordinaria.” In altre parole, nessuno verrà bocciato?!

Può esserci un territorio di avvicinamento famiglie/scuola molto interessante, laddove il decreto tratta dell’idoneità al passaggio alla classe successiva: ” … ammissione alla classe successiva per le scuole secondarie, tenuto conto del possibile recupero degli apprendimenti di cui al comma 2 e comunque del processo formativo e dei risultati di apprendimento conseguiti sulla base della programmazione svolta“.

Il decreto scuola parla di “prove dell’esame di Stato conclusivo del primo ciclo di istruzione, anche prevedendo l’eliminazione di una o più di esse e rimodulando le modalità di attribuzione del voto finale, con specifiche disposizioni per i candidati privatisti, salvaguardando l’omogeneità di svolgimento rispetto all’esame dei candidati interni, in deroga agli articoli 8 e 10 del decreto legislativo n. 62 del 2017“.

Viene introdotto il concetto di “elaborato del candidato”: “la sostituzione dell’esame di Stato conclusivo del primo ciclo di istruzione con la valutazione finale da parte del consiglio di classe che tiene conto altresì di un elaborato del candidato, come definito dalla stessa ordinanza, nonché le modalità e i criteri per l’attribuzione del voto finale, con specifiche disposizioni per i candidati privatisti, salvaguardando l’omogeneità di svolgimento rispetto all’esame dei candidati interni, in deroga agli articoli 8 e 10 del decreto legislativo n. 62 del 2017

Nella relazione allegata alla bozza del decreto scuola si legge inoltre che le prove INVALSI sono sospese:

Art 1, comma 6:

a) per l’ammissione agli esami di Stato conclusivi del primo ciclo di istruzione non è richiesta la frequenza di cui all’articolo 5, comma 1, e la valutazione nei termini di cui all’articolo 6, né la partecipazione alla prova standardizzata INVALSI, come ordinariamente previsto dall’articolo 7, comma 4, del citato decreto legislativo per i candidati interni e dall’articolo 10, comma 6, per i candidati privatisti;

b) per l’ammissione agli esami di Stato conclusivi del secondo ciclo di istruzione si prescinde per i candidati interni da tutti i requisiti di cui all’articolo 13, comma 2, e per i candidati privatisti dalla partecipazione alla prova INVALSI e dallo svolgimento di attività assimilabili all’alternanza scuola-lavoro“.

Nel decreto scuola si riprende inoltre il concetto di processo formativo e dei risultati di apprendimento conseguiti sulla base della programmazione svolta, di percorso di apprendimento a dimostrazione di un impegno effettivo dell’alunno, il quale su questa base viene comunque ammesso all’anno successivo (?!)

Appaiono delle forti analogie con i concetti sottostanti al “progetto familiare di istruzione“, anche laddove viene ad indebolirsi la categoria della valutazione.
E’ questo un avvicinamento a quanto sostenuto dalla linee guida, a cui facciamo continuamente riferimento.
Se questa impostazione assume rilevanza per i giovani scolarizzati, per analogia, anche costituzionale, potrebbe essere declinata nei confronti di chi svolge l’istruzione parentale/familiare, che peraltro la stanno rivendicando.
E’ questo un argomento su cui ragionare e riflettere perchè può evidenziare degli “incardinamenti” virtuosi, tra dinamiche dell’istruzione parentale/familiare e quelle scolastiche.

Come muoverci adesso?

Nella circostanza che la famiglia scelga per coerenza al proprio progetto, (se ad esempio  segue una modalità di “scuola a casa” con curricolo scolastico) di effettuare l’esame di idoneità, sarà sufficiente seguire le indicazioni impartite per i candidati esterni con le tempistiche e le modalità che saranno specificate prossimamente dal Ministero.
Per prudenza potrebbe essere utile inoltrare come di consueto la domanda d’esame e poi attendere riscontri dalla scuola. Il decreto infatti attribuisce al MIUR la possibilità di regolare la materia “emergenza coronavirus” con proprie ordinanze, in relazione all’evolversi della pandemia.

Per chi sta praticando esperienze con un maggior grado di personalizzazione, il tema è il medesimo di sempre: assumere le direttive dell’amministrazione pur rilevandone le incongruenze e le illogicità e cercando di “contrattare” un esame scolastico più attento e rispettoso, o  proporre ai dirigenti modalità di accertamento che abbiano miglior struttura logico legislativa, coerenza con i percorsi di apprendimento svolti e comunque una consistenza esaustiva dal punto di vista della documentazione prodotta.
Nel primo caso, l’approccio necessario e sufficiente con la scuola in questo momento storico è più complesso del solito.
Nel secondo caso, nella consapevolezza di intraprendere un percorso logico, non illegale e non consueto, si può proporre una dimostrazione di ottemperanza all’obbligo di istruzione da parte dei genitori a beneficio dei figli, attraverso lo strumento del “portfolio personale”, inserito nel “progetto familiare di istruzione”.
Quest’ultimo dispositivo espresso dalla progettualità di LAIF ha in sé le caratteristiche di logicità e consistenza che possono consentire al dirigente di poter soddisfare il suo compito d’ufficio di  accertarsi che i genitori stiano facendo il proprio diritto/dovere e che la prole sia effettivamente coinvolta in un processo di apprendimento.

Il “progetto di istruzione familiare”, è utile precisarlo, non ha  vidimazione formale istituzionale; ciò nonostante, il suo utilizzo ha portato, in alcune situazioni, a dirimere acerbi confronti scuola – famiglia.
Non potrà comunque essere ignorato, essendo un atto di libera iniziativa di soggetti nel pieno esercizio di cittadinanza, ai sensi dell’art. 118 della costituzione, rispetto al quale l’amministrazione statale ha i dovere di porsi in una condizione di sussidiarietà.

E’ evidente che questa linea richiede un approccio rivendicativo e comunque dialogante, essendo portatrice in questo momento di novità, sia nel rapporto Istituzione famiglia/Istituzione stato, sia nei termini più legati agli aspetti disciplinari dell’apprendimento/istruzione.

Sono, comunque solidi  gli appoggi legislativi sia nella struttura costituzionale che in quella della legislazione attuativa, fino, perché no, anche al fatidico decreto 62 del 2017 che, se non letto solo nello stretto perimetro di un paio di parole dell’art. 23, consente conclusioni affatto diverse da quelle che vengono correntemente fatte passare come inequivocabili.

Questo approccio al tema dell’accertamento/esame, certamente “franco” non deve escludere la disponibilità al dialogo ed alla dialettica effettiva, che non significa però mero assoggettamento a disposizioni non condivisibili.

Sergio Leali

Corona virus ed esami di idoneità; uscito il decreto scuola 2020

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