“Come gestire la quotidianità?” è il titolo del terzo ed ultimo incontro organizzato da LAIF sul tema “L’istruzione famigliare ai tempi della pandemia“.
Per una piacevole quanto felice coincidenza, la serata si è aperta con la lettura, da parte della piccola Giulia, del breve racconto (in foto) scritto da lei per i suoi amici durante la giornata: la bambina ha chiesto di poterlo leggere a tutti in diretta zoom e la sua richiesta è stata accolta di buon grado.
E’ stato un momento emozionante per tutti e, com’è naturale, la riflessione ha preso le mosse da questo piccolo evento estemporaneo.
La quotidianità è il punto centrale della vita e dell’apprendimento dei ragazzi in istruzione parentale.
A maggior ragione in questo momento difficile, ci poniamo come osservatori e facilitatori di un progetto. E’ fondamentale gestire questo tempo attraverso il fare/costruire.
Anche la piccola Giulia ha costruito, nel suo scrivere un testo.
Non creiamo distinzioni fra l’esperienza concreta del fare manualmente e la redazione di testi scritti. Quello di Giulia è un racconto che esprime idee, pensieri, emozioni, sentimenti. Questo ci dà indicazioni su come sta vivendo questo momento. E’ già un modo per gestire la quotidianità.
Con la quarantena, la piccola Giulia sta manifestando interesse per la scrittura come mezzo per comunicare: sta chiedendo le letterine e scoprendo che una letterina accostata ad un’altra forma una parola.
Poi si vede insieme alla mamma con amici su whatsapp e anche lei vuole comunicare; questo la porta a fare i primi tentativi di scrittura.
Ma non è tutto. Oggi, oltre a scrivere, ha fatto il pan brioche con la sorella e il papà: si sono arrangiati, la mamma si è tirata fuori dall’esperimento (e il pan brioche è venuto buono lo stesso). E’ stata un’occasione d’oro per il papà di rispondere ad un bisogno delle bambine, un motivo di condivisione all’interno della famiglia.
Poi Giulia ha voluto raccontare la sua esperienza ai nonni e agli amici.
Dal punto di vista didattico, di una ipotetica relazione sul suo percorso di apprendimento, oggi Giulia ha scritto un testo descrittivo (e poi lo ha letto ad alta voce ad un pubblico relativamente sconosciuto), ha letto un testo regolativo (la ricetta), ha fatto il dolce con la sorella e il papà.
E’ intervenuta quindi una figura che di solito è meno presente nell’educazione dei figli, quella paterna, l’elemento maschile. Dal punto di vista relazionale, dell’equilibrio maschile/femminile, è una cosa meravigliosa.
Volendo, poi, la ricetta può offrire ulteriori spunti di riflessione e ricerca: si può ad esempio indagare sulla sua provenienza, e già diventa un lavoro didattico.
Poi c’è stata la condivisione con i nonni e gli amici, a sostegno della relazione, sia intergenerazionale, sia con i coetanei.
L’aspetto emotivo, quello relazionale, la letto-scrittura di testi di tipo diverso, sono tutte occasioni meravigliose di apprendimento.
Nella realizzazione del dolce c’è la matematica, le proporzioni, il conteggio, i pesi, le misure, c’è la tecnica, l’educazione alimentare.
Non si può dire che ciò non sia istruzione.
Fare homeschooling durante la pandemia
Annalisa: “Per me la quarantena è un periodo di grandi occasioni: sto approcciando la spesa in modo diverso, e risparmio. Mio marito ha finalmente capito cosa facciamo come educatori parentali in casa. Adesso ha visto come la mamma trasforma in apprendimento quello che si fa quotidianamente in casa.
La presenza del papà ha un bellissimo effetto sulle bambine: i papà, in istruzione parentale, sono molto importanti. Hanno una visione e un approccio diversi. Portano il loro contributo di uomini con un’altra storia famigliare, un altro vissuto un modo diverso di porsi.
Prima della pandemia, mio marito era defilato. Arrivava a casa e chiedeva ai bambini: “Cosa avete imparato oggi con la mamma?” Non lo giudico: probabilmente se stessi fuori 9-10 ore al giorno, farei anch’io lo stesso. Ora però è più presente e si accorge che l’apprendimento è un’evoluzione graduale, un divenire costante, assolutamente nel rispetto dei loro tempi, che non ci sono i programmi.
Adesso non chiede più, anzi pian piano sviluppa un contatto umano diverso, più partecipe. E ciò contribuisce, secondo me, a ripristinare il concetto di famiglia come unione, non come stato anagrafico.”
Anita: “Mi sembra fin troppo semplice: dover seguire “soltanto” gli interessi, gli spunti che vengono dai bambini. Talvolta mi chiedo: “Cosa gli propongo domani?” E invece poi le idee arrivano spontaneamente da loro. Ieri Davide mi ha detto: “Domani voglio giocare a battaglia navale con te”. Ed ha anche vinto in poche mosse!
Poi ho proposto loro di pulire il bagno insieme e loro tutti entusiasti di potermi aiutare. Mi sorprende quasi la semplicità di questo approccio.
Inevitabilmente subentra la mia scolarizzazione: come si fa a imparare le espressioni?
La quarantena l’ho vissuta prendendo quello che veniva ogni giorno, pensando a quei genitori che dovevano lavorare, magari in ospedale.
Vedo che i bambini sono serenissimi, vanno d’accordo, si vogliono bene, giocano tanto. Li lascio fare. La sto vivendo bene, negli alti e bassi. Penso che rientri tutto nella normalità.”
Il gioco è gioia, è regola. E’ bene che giochino. Il gioco è la base dell’apprendimento, avviene con il corpo. Le regole del gioco sono regole della vita. E non c’è un’età in cui scade. Un libro illuminante è “Il gioco rubato” di Miranda Magni.
Quello che ci ha insegnato l’istruzione famigliare è appunto ascoltare i nostri figli, osservarli, dare spazio a ciò che viene da loro nella quotidianità. E’ un approccio meraviglioso: il desiderio di scrivere, di narrare, con la logica che sta dietro lo scritto.
Degno di essere studiato e praticato è il paragrafo “Per un nuovo umanesimo” delle “Indicazioni nazionali per il curricolo”, che recita: “Le relazioni fra il microcosmo personale e il macrocosmo dell’umanità e del pianeta oggi devono essere intese in un duplice senso. Da un lato tutto ciò che accade nel mondo influenza la vita di ogni persona; dall’altro, ogni persona tiene nelle sue stesse mani una responsabilità unica e singolare nei confronti del futuro dell’umanità. … A questo scopo il bisogno di conoscenze degli studenti non si soddisfa con il semplice accumulo di tante informazioni in vari campi, ma solo con il pieno dominio dei singoli ambiti disciplinari e, contemporaneamente, con l’elaborazione delle loro molteplici connessioni. È quindi decisiva una nuova alleanza fra scienza, storia, discipline umanistiche, arti e tecnologia, in grado di delineare la prospettiva di un nuovo umanesimo.”
Soprattutto in questo periodo i nostri figli ci danno degli spunti, che possono essere la lettura, il fare, il costruire, lo scrivere, il gioco, l’attività insieme. E da lì si può partire per costruire insieme dei percorsi.
Isabella: “Io fino a 10 mesi fa avrei detto che mia figlia non avrebbe mai studiato l’inglese. Adesso mi sono ricreduta: lo studia, perchè l’ha scelto lei, con modalità e strumenti non scolastici, ad esempio i cartoni animati.”
In questo periodo di pandemia, tanti sistemano la casa, dipingono, si occupano di cose in attesa da tanto tempo. C’è un lavoro dietro ad un’esperienza pratica, come il riordinare libri: si scelgono i libri da rileggere, da riusare, da donare, magari in vista di un possibile scambio e/o riciclaggio. … Ma possiamo anche cucinare insieme, scegliere insieme le ricette, magari ricette che ci portano a viaggiare, nel tempo e nello spazio. Oppure riflettere su ciò che ci sta insegnando questo essere improvvisamente in un altro modo di vivere. Riflessioni di confronti storici per i più grandi o disegni per i piccoli.
Teniamo sempre presente che l’approccio cambia con l’età. La periodizzazione standard delle fasi dello sviluppo (0-3 anni; 3-6/7, ecc.) è una distinzione fatta per comodità; sono tappe evolutive, di passaggio e cambiamenti che vanno gestiti con un’attenzione specifica.
I figli preadolescenti o adolescenti potranno avere esigenze diverse, quindi richiedono un approccio diverso.
Una quotidianità diversa a seconda del modo di fare istruzione parentale
Ciò che si è detto fin qui vale per chi non si pone l’obiettivo (il vincolo) dell’esame. Perché chi se lo pone si trova a fare delle scelte quotidiane diverse da quelle di cui sopra. Questa è una modalità valida quando non c’è la spada di Damocle dell’esame. In questo momento tutte le ansie, le paure, le incertezza legate all’esame influiscono sulla quotidianità.
Schematizzando, c’è chi interpreta l’istruzione parentale in modo ampio e con tutte le prerogative che essa consente (apprendimento autoguidato) e chi invece la interpreta in termini più circoscritti (scuola a casa). Da questi 2 atteggiamenti scaturiscono due quotidianità diverse.
In quello che si è descritto sopra, la giornata è molto ricca di stimoli, non ha bisogno di essere sospinta, viene da sé. Per chi fa l’altro percorso è certamente più difficoltosa. Sono piani diversi.
Quanto all’esame, sappiamo benissimo che c’è qualcuno che dice che è obbligatorio, ma può essere inteso invece, più correttamente, come una scelta.
Cogliere il lato didattico della quotidianità
Riuscire a cogliere gli aspetti didattici di ciò che facciamo nella quotidianità non è così semplice per chi non è addentro ad un atteggiamento di questo tipo. Per questo c’è l’associazione.
Mettere la data su un testo o un disegno del bambino e archiviarlo è già documentare il lavoro svolto, è già un metodo e un approccio didattico. Su quello si struttura il tempo.
Nessun dirigente regionale o provinciale (provveditore) che abbiamo contattato come associazione si è mai opposto a questo tipo di approccio.
L’apprendimento in tempi lenti dà un risultato di un certo tipo. Ci sono già riflessioni su questo aspetto ed è contenuto nelle indicazioni nazionali.
Scegliere l’istruzione parentale
Katia: “Io e i miei bambini siamo rinati da quando c’è la quarantena e la didattica a distanza. Per me è stata un’opportunità. Studiamo, ma ci organizziamo secondo i nostri tempi, le nostre esigenze. Riusciamo ad organizzarci meglio. Questa è la prova che l’istruzione parentale potrebbe giovarci. Vorremmo fare istruzione parentale, ma il papà non è ancora del tutto convinto.”
Phoebe: “Ho molti contatti con tante famiglie in istruzione parentale: questa del papà che si convince dopo è una costante, quasi. Ci vuole tempo, quotidianità. Quando hanno capito i benefici per tutti i membri della famiglia, non solo per i bambini, sono loro che trascinano tutti. Il punto di partenza è la nostra umanità, ciò di cui abbiamo bisogno, i nostri interessi. Su questo dobbiamo restare concentrati.”
Fare istruzione famigliare è un impegno e richiede anche delle scelte, un’organizzazione famigliare, un approccio di un certo tipo.
Domande e paure
Le domande sono molte. Saremo all’altezza? A cosa andiamo incontro? Talvolta abbiamo paure che non conosciamo molto. Comprensibile. Incontrarsi con altre famiglie aiuta a capire che è possibile, se uno se la sente, lo vuole, lo sceglie.
Ma poi come sarà un domani? Se ci si ritorce contro?
Non saprei in quale modo: l’attestato di terza media ti dà già una prima tappa, poi si può proseguire alle superiori, in un istituto professionale o ancora con la istruzione parentale.
La paura prima di iniziare è l’atteggiamento giusto, una sorta di garanzia che la scelta verrà fatta con consapevolezza.
Talvolta questa esperienza viene abbracciata per uno slancio romantico o estetico, in nome della libertà, oppure recentemente c’è stato un grande afflusso per la questione vaccini.
Alcune motivazioni sono poco strutturate.
L’approccio meno superficiale è quello che prende le mosse dalla consapevolezza che non è poca cosa; e per questo desta paura. E’ un punto di partenza sano e corretto, perché porta a fare riflessioni che sono valutazioni strutturate e profonde. E’ giusto ed è buono.
Riguardo al futuro, ci sono tantissimi esempi di percorsi di istruzione parentale fatti seriamente che hanno portato a grossi risultati, non solo sul piano dell’acquisizione delle competenze (che è solo una fetta), ma anche su quello della costruzione della persona.
Spessissimo quando incontri un homeschooler hai la percezione quasi visiva di una qualità, di una persona sicura, disponibile, solidale, che guarda negli occhi, sa ascoltare, sa prendere delle decisioni e farle proprie e portarle avanti. Se ci sono le condizioni per un percorso normale di istruzione parentale, non c’è motivo per avere timore degli sviluppi, ma anzi c’è motivo per essere tranquilli. Tu potrai dire: “Ho fatto il possibile”.
Non è il caso qui di citare i successi di persone che hanno fatto istruzione parentale, Einstein, tanti presidenti degli USA. Ma anche se andiamo a chiacchierare con i nonni che hanno fatto l’Italia (l’industriale, l’imprenditore, quello che ha tirato su una famiglia e le ha dato una casa), scopriamo percorsi extrascolastici, di istruzione parentale, all’interno della famiglia e in ambiti vari che hanno incontrato nella vita. Se guardiamo alla nostra storia, scopriamo che questa pratica non è per niente nuova, ma dentro la quotidianità.
Quando c’è la paura, la cosa migliore da fare è prendere conoscenza di quello che ci fa paura. Solo così possiamo superarla e andare avanti. Il consiglio è di parlare con chi ha situazioni analoghe, condividere, parlarne.
Nel momento della scelta fra i due percorsi, valutiamo bene anche l’alternativa della scuola.
Consideriamo che andare in crisi, avere battibecchi con marito e figli, avere momenti su e momenti giù, è tutto nella norma.
Annalisa: “Ho dovuto scegliere se avere una figlia felice nella sua quotidianità (non fra vent’anni) o una figlia di successo, con bei voti a scuola. Io sono stata una “brava” alunna, brillante, e so quanto mi è costato. Poi mi sono riscattata, ma a vent’anni, quando sono andata all’università. Per la bambina, l’unica realtà reale è il presente.
Forse sarà un po’ presunzione, ma per me, si tratta anche di scegliere se vogliamo cambiarlo un po’ questo mondo.
Adesso non faccio il mio lavoro, ma la casalinga. Ho ricollocato la mia carriera e i miei studi, ma sono felice; mi alzo al mattino e sono dove voglio essere.
L’istruzione parentale è efficiente? Se la misuri sulla base dei programmi scolastici, forse anche no. Ma la vera domanda è che tipo di famiglia si vuole avere.” Einstein disse “non puoi valutare un pesce in base alla sua capacità di nuotare”.
Importante è il lavoro su di noi. Veniamo da esperienze scolastiche diverse, con retaggi diversi e convinzioni diverse. I primi che devono liberarsi siamo noi.
Il 3° art. della costituzione parla di “pieno sviluppo della persona umana”, che significa i valori del ragazzino, le sue potenzialità, i suoi talenti: se partiamo da questo presupposto, il nostro approccio di genitore che fa istruzione parentale dovrà cambiare di per sé.
LAIF come luogo di sinergie
C’è bisogno di una riflessione sia all’interno della scuola che dell’homeschooling. C’è bisogno di congiunzione, non di dibattito. Noi che abbiamo un’esperienza di 8-9 anni di istruzione parentale, mettiamo a disposizione il nostro bagaglio di esperienza per chi ne ha bisogno.
L’associazione, che risponde ai bisogni di soci e simpatizzanti (v. ad esempio anche il sondaggio) nella loro quotidianità, potrà proporre serate su questi retaggi che ci portiamo dietro e ci condizionano.
Resoconto a cura di Nunzia Vezzola (testo e disegni in foto di Giulia)
Il video con la registrazione integrale della serata si trova a questo link
Il video della serata su “Quale esame?” si trova a questo link
Il video della serata su “Quale didattica?” è a questo link
Che lavoro!
Preciso ed attento!
Grazie mille anche per il tuo importante contributo!
Giulia
Sono i partecipanti alla serata (tutti) che l’hanno arricchita con tanti pensieri profondi e appassionati.
Era doveroso registrarli.
Un abbraccio.
Nunzia
Che bello a distanza di tempo tornare a rileggere l’articolo