Da cosa cominciare a fare istruzione parentale (o famigliare)

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Disegno di Isabella: “Il ritratto del nostro giardino”

Report del momento informativo dell’11 maggio 2020, dal titolo “Homeschooling – da cosa cominciare“, dedicato a chi desidera informarsi sull’istruzione parentale (o famigliare). Il video della serata si trova a questo link.

Hanno dato il benvenuto ai circa 40 partecipanti collegati via zoom e ai numerosi fruitori della diretta facebook:

  • Antonella Giostra del Progetto “Che scuola?!”, che nasce per aiutare le famiglie ad orientarsi ed essere più consapevoli al fine di fare la scelta migliore per l’educazione dei propri figli. Antonella ha individuato in LAIF una possibile guida nel campo dell’istruzione parentale (o famigliare) per chi ha dubbi o curiosità rispetto ad un percorso così impegnativo.
  • Sergio Leali, Presidente di LAIF, associazione di famiglie che fanno istruzione parentale (o famigliare), nelle varie declinazioni. A LAIF sono associate famiglie che fanno scuola parentale, come le scuole nel bosco, ma anche famiglie che fanno apprendimento libero.
    Lo scopo di LAIF è quello di tutelare, salvaguardare, promuovere e fare cultura sull’istruzione parentale. E’ Legalmente costituita, senza scopo di lucro, a partecipazione democratica; fino a prova contraria, LAIF è l’unica con queste caratteristiche.
    LAIF Svolge la propria attività su due piani principali, a contatto sia con le famiglie, che con le istituzioni, sia a livello locale che provinciale/regionale, ma anche nazionale.
    Oltre a Sergio, LAIF è rappresentata per l’occasione anche da Giulia Pecis Cavagna, Vicepresidente, da Claudia Dal Zotto, consigliera e referente zoom, da Giorgia Petrini de La scuola non esiste, referente per Roma, da Annalisa Vincenzi e da Alessandra Crosta.

Si dà subito spazio alle domande.

Prende la parola Alice della “Casa delle meraviglie”, che ha preparato l’incontro raccogliendo le domande di alcuni genitori:

Definiamo l’oggetto della serata.
Il termine anglosassone “homeschooling” ha al suo interno il concetto di casa.
La versione italiana, “istruzione parentale (o famigliare)” ha al suo interno il concetto di genitore.
Quali sono esattamente i confini?

Sergio: Per la nostra associazione non ci sono confini.

La “casa” è da intendersi come luogo fisico ed esistenziale, come ambito familiare, genitoriale in particolare. La discriminante fondamentale è legata alla presenza e alla prestazione dei genitori, che hanno un  ruolo centrale, per la qualità e quantità di tempo dedicata alla funzione educativa.
Aggiungerei un dato che segna la differenza: il tasso di amorevolezza che viene posto in questa attività. Questo travalica la categoria propriamente dell’istruzione: è quel clima che crea le opportunità perché le potenzialità del giovane possano esprimersi.

Il nucleo/contesto famigliare costituisce il clima in cui cresce la piantina del giovane in istruzione parentale.

 

Si può considerare istruzione parentale (o famigliare) quella formula in cui i genitori fanno educazione, ma l’istruzione in senso stretto viene gestita da persone esterne alla famiglia?

Sergio: La discriminante è il tempo, ovvero la qualità e quantità di tempo che viene dedicata a queste funzioni, oltre che al coinvolgimento progettuale e attuativo dei genitori e/o dell’ambito familiare. Se ad esempio io genitore partecipo ad una scuola parentale dove porto mio figlio alle 8 del mattino e vado a riprenderlo alle 5 del pomeriggio  e poi magari lo porto a fare un corso di scherma, ecc., difficilmente potrò sostenere che sto facendo un percorso di istruzione parentale (o famigliare) in senso pieno e non formalistico.

Non è un giudizio di valore. Sono confini necessari per definire una realtà (qualsiasi cosa non esiste se non è definita, cioè se non ha confini definiti).

Giulia: più che dire che è una scelta difficile, direi che è impegnativa.

Per noi è importante il richiamo alla famiglia, alla dimensione familiare. Fare istruzione parentale richiede una riorganizzazione nell’economia famigliare: ci si impegna a fare anche altri percorsi da altri punti di vista, ad esempio economico, professionale, famigliare.
La situazione attuale mette in evidenza i limiti dell’istituzione scolastica. Vediamolo come un bene, perché sono punti su cui riflettere. L’obiettivo è il dialogo, non il conflitto.

 

E la socializzazione?

Sergio: Dobbiamo capirci su cosa si intende con questo termine.
Per noi, si tratta della capacità di intrattenere relazioni in ambito sociale con le persone più disparate, genitori, amici, anziani, passanti, giovani, ecc.. E’ una competenza che fa parte della dimensione sociale, quindi è molto importante. Questo ambito implica che la persona debba essere cosciente di sé, che sia empatica e in grado di suscitare solidarietà, collaborazione ed essere pronta a propria volta a farne esercizio.
E’ un aspetto che va curato in modo particolare.
L’ambito famigliare è quello che ha maggior virtuosità rispetto a questa funzione: è infatti la situazione in cui convergono le più svariate necessità (condivisione di luoghi, oggetti, tempi, situazioni), dove emerge ed è più forte l’urgenza di capire e gestire il rapporto con l’altro in maniera efficace. In famiglia, o si gestiscono rapporti (istanze di socializzazione), o scoppia tutto. Se si saranno acquisite le necessarie competenze, poi si sarà allenati per situazioni che, rispetto alla stratificazione ed alla complessità dei rapporti familiari, risulteranno semplificati e quindi agevolmente gestibili.

Ma l’istruzione parentale non si risolve entro i muri di casa: l’ambito famigliare è collegato a quello della comunità, del paese, del mondo. Quindi è necessario tenere vive le relazioni con le associazioni locali, con le persone che si incontrano e con cui si interagisce.
Si tratta di essere molto concreti, empirici.
La socializzazione nella scuola dà i risultati che conosciamo: il 90% circa delle azioni di bullismo avviene a scuola. Non si tratta di fare tante filosofie, ma di essere realistici.
La segretaria del viceministro Ascani mi ha detto durante la lunga conversazione telefonica di ieri: la maggior parte dei femminicidi avviene in famiglia. Sì, ma questo evidenzia con drammatica chiarezza che il problema dell’istruzione e delle educazioni non dipende solo dalla scuola, anzi.

Giorgia Petrini: La preponderanza genitoriale o adulta solitamente viene vista sfavorevolmente rispetto alla vicinanza con i coetanei.
Questo è pregiudizio: i bambini imparano a relazionarsi meglio, cioè con maggiore flessibilità e adeguatezza, quanto più è ampia la loro possibilità di rapportarsi con le persone più diverse.
In Autria hanno introdotto nelle scuole delle ore settimanali sulla gestione del conflitto.
I risultati che stiamo raccogliendo oggi mostrano che non ci abbiamo azzeccato molto a pensare che i bambini imparino a socializzare a scuola. Se ciò fosse vero, staremmo adesso davanti ad una società di persone che si relazionano in modo sereno e flessibile.
Nessuno di noi si relaziona con lo stesso gruppo di persone per 6/7 giorni e per molte ore al giorno.

Annalisa: mi sono occupata a livello professionale e scientifico di animali e del loro comportamento. Accompagnare il proprio cucciolo fino all’età adulta, anche nel suo sviluppo sociale, è assolutamente naturale.
A scuola la socializzazione è quantitativamente importante, ma non ha la stessa qualità, neanche confrontabile, con quella di chi ha l’occasione di disporre di modelli diversi. L’adattamento al comportamento dell’adulto-docente non è naturale.

Sergio: Il ruolo del genitore è quello di mettere a disposizione il contesto, di creare occasioni perché ciò avvenga nella realtà del vissuto quotidiano. La polivalenza arricchisce la crescita dell’individuo.
Un libro di un paio di anni fa, Le leggi naturali del bambino, di Céline Alvarez, pone evidenze incontestabili su questo punto.

Alessandra: La cosa principale che un genitore deve avere ben presente è che la responsabilità dell’istruzione di un figlio è comunque sua, anche mandandolo a scuola, anche se per assurdo lo mandasse in collegio; i genitori che scelgono l’istruzione parentale (o famigliare), semplicemente lo fanno in maniera “più esplicita”. Ci sono genitori spaventati da questa cosa: alcuni conoscenti, parlando degli impegni che le scuole steineriane richiedono alle famiglie (continuo scambio tra famiglia e scuola, presenza più volte alla settimana, incontri, impegni comunitari), rispondono “ah, no, è già tanto se vado al colloquio di fine anno”. A me questa cosa fa inorridire! Si sta parlando del proprio figlio, della sua vita!

Come non si può prendere ad esempio di genitore che pratica istruzione parentale (o famigliare) il genitore morboso, che rinchiude il proprio figlio in casa (pur magari facendolo eccellere nella materia in cui il genitore è preparatissimo, ma a prezzo di enormi mancanze in altri ambiti), altrettanto il genitore che sceglie il percorso scolastico deve aver chiaro che non siamo noi “anomali” ad occuparcene in prima persona, ma anche lui è chiamato alla stessa responsabilità, solo in maniera differente.

Per quanto riguarda invece la domanda posta dal signore che chiedeva se non ci sia una sorta di mancanza nella relazione di apprendimento, credo che sia bellissima la relazione che si instaura quando abbiamo davanti un insegnante che lo fa con passione, tutti abbiamo in mente quella materia o quell’argomento che abbiamo imparato benissimo, senza fatica o la materia che abbiamo amato molto proprio grazie all’insegnante che ce li proponeva; bisogna però essere obiettivi, pensando che la realtà di oggi non è, purtroppo, fatta solo da insegnanti così.

Le due insegnanti che abbiamo qui in LAIF o una che abbiamo nel nostro gruppo di zona di famiglie, sono meravigliose e fanno il loro lavoro con coscienza e con passione, purtroppo però sono davvero rare!

Ed il rischio di demandare tutto alla scuola è quello di trovarsi davanti ad insegnanti che, invece che creare una relazione sana e importante, che cura i ragazzi in toto, che curi il loro essere persone e la loro crescita anche come futuri adulti, ci si trovi invece davanti persone che questa relazione la distruggano. Il fallimento della didattica a distanza dell’ultimo periodo ne è la prova. Insegnanti come le tre che ho citato prima danno l’anima per i loro ragazzi, altri, come ad esempio quelli dei miei nipoti, si limitano a fregarsene, caricando i bambini di compiti e limitandosi a dire quando vanno consegnati e a giudicarli o lamentarsi che non sono ancora stati caricati a sistema…. e questo è davvero triste!

Giulia: Il gruppo alla pari è dannoso; anche le istituzioni scolastiche si stanno rendendo conto adesso di quanto sia deleterio.
La relazione non è tra pari, ma tra gruppi eterogenei anche d’età. Nella definizione di “istruzione famigliare” entra in gioco, appunto, la relazione.
Vi consiglio il libro I vostri figli hanno bisogno di voi (di G. Neufeld e G. Maté, edito da Il Leone Verde per la collana Il bambino naturale), in cui si dice proprio che gruppo di pari non è gestibile, soprattutto sul piano emotivo e durante l’adolescenza. La famiglia è il porto sicuro cui ci si rivolge.
La separazione sempre più netta e sempre più anticipata rispetto ai genitori crea grossi problemi: non è possibile sostituire questa relazione con quella del gruppo di pari, perché non funziona.
Le difficoltà non si affrontano con gruppo alla pari.

 

Per fare istruzione parentale, il genitore deve prepararsi in qualche maniera? Se non è sufficientemente preparato si rischia di diventare peggio dell’offerta scolastica?

Sergio: La preparazione deve esserci ed essere, non “in qualche maniera”, ma in modo consono alla scelta che si fa.
Sempre allo scopo di definire e descrivere l’istruzione parentale, noi di LAIF abbiamo individuato alcune tipologie di istruzione parentale (che non vuol dire dei modelli): l’apprendimento libero e autoguidato, la scuola a casa e delle forme miste. Sono approcci che si integrano, completano, alternano nel tempo; non si escludono l’un l’altro. A seconda dell’approccio e della tipologia, l’atteggiamento del genitore è diverso.
Nella scuola a casa, il genitore è docente; è una situazione che in qualche modo riproduce lo schema docente-discente. In questo schema il docente deve avere conoscenze, competenze, ecc. E’ richiesta quindi una preparazione di un certo tipo. Il genitore si pone davanti al bambino, come colui che individua il percorso e il ragazzino segue.
Nell’apprendimento autoguidato, il genitore si pone di fianco, o dietro: il figlio individua il flusso di interesse che si accende per certe tematiche. Il genitore aiuta, crea aperture, fornisce materiali, interviene se interpellato, ma non è lui che individua la traccia. Crea le condizioni perché l’interesse si dipani.

L’apprendimento è concepito come un fatto naturale, una necessità vitale, un’energia che si libera dalla persona in maniera naturale.
In questo caso, la preparazione di fondo è all’ascolto, all’accompagnamento; e non può mancare.

Giorgia: Maria Montessori metteva al primo posto l’esercizio delle virtù, come la pazienza, l’ascolto, ecc.
E’ fondamentale chiarire che il problema non si risolve con la preparazione tecnica. Questa mi pare sia una fonte di ansia per molti genitori. Le cose importanti non sono queste. Si impara nel contesto, nella realtà, nella quotidianità.
Questa della preparazione genitoriale è un grandissimo condizionamento. Ricordiamoci però che esiste sempre la possibilità di rientrare nel percorso scolastico se si ha il timore o la sensazione di non farcela.

Giulia: mi preme richiamare tre aspetti:

  • è una scelta che richiede impegno;
  • l’ascolto è fondamentale;
  • la Costituzione ci attribuisce il diritto-dovere di educare i figli. Dove la famiglia non arriva, c’è un’altra possibilità: lo stato si fa carico di questa educazione/istruzione.
    La Costituzione parla di “pieno sviluppo della persona umana”, non si parla di individui.
    Creare un contesto di ascolto, di relazionare e di accoglienza è nostro dovere. Pensiamo anche ai NEET (Not in Education, Employment or training): si chiudono al mondo, proprio alla conclusione del percorso scolastico.

 

Voi di LAIF aiutate a fare istruzione parentale a casa? Cosa fate esattamente?

Sergio: Noi siamo famiglie che praticano istruzione parentale nelle sue varie forme. Forniamo la nostra esperienza, in alcuni casi anche decennale; cerchiamo di lavorare insieme per creare consapevolezza e cultura. L’istruzione parentale non è conosciuta; c’è una percezione superficiale del fenomeno, sia fra gli homeschooler, sia a livello istituzionale.
La rappresentatività è un altro nostro obiettivo.
Non abbiamo niente da vendere, né corsi o servizi di altro tipo.

Giulia: Attenzione a non orientarci verso il privato a tutti i costi: la scuola pubblica è una cosa preziosa, che dobbiamo tenerci cara; è un valore fondamentale per uno stato democratico. Attenti a non sgretolare un’istituzione che è importante. Dove non arrivano i genitori, è importante che ci sia lo Stato.
La didattica a distanza mette in evidenza limiti e possibilità, dà altre possibilità. Siamo in momento di revisione. L’istruzione in famiglia si basa sul presupposto del coinvolgimento attivo e progettuale della famiglia: non si delega.

 

Noi genitori lavoriamo entrambi: come organizzare concretamente l’educazione dei figli?
Se ci fosse un gruppo di famiglie, 5/6 ragazzini, si potrebbe organizzare una forma di condivisione per gestire insieme l’istruzione?

Sergio: La seconda domanda potrebbe essere una soluzione almeno parziale alla problematica della prima domanda, che, se si dovesse risolvere solo all’interno della famiglia, potrebbe porre dei problemi. Non è necessaria una condivisione su tutta la linea fra le diverse famiglie.
Alcuni nostri amici hanno fatto un’esperienza simile e l’hanno chiamata “coop classes”: in compagnia di genitori che si alternavano mettendo a disposizione proprie competenze, un gruppo di ragazzi sviluppava di volta in volta tematiche diverse. Questa forma va incontro anche ad aspetti legati alla socialità.
Il confronto stretto con altre famiglie diventa molto utile.

 

Il primario intento di “Che scuola?!” è quello di aiutare le famiglie; ci sono referenti LAIF in Piemonte, c’è la possibilità di avere supporto da parte di LAIF?

Sergio: In Piemonte abbiamo alcuni associati. Non una sede; la nostra sede, unica a livello nazionale, è ad Albino (BG). Siamo dislocati in tutta Italia. Spesso ci troviamo in forma virtuale. Anche se abbiamo appuntamenti annuali in presenza.

Diamo supporto a tutti, gratuitamente, anche ai non associati.
Le cose che facciamo sono aperte, accessibili a tutti, anche i consigli direttivi.

 

Pare che l’esame scolastico annuale sia obbligatorio, ma su questo punto non c’è univocità. LAIF dà supporto alle famiglie prima dell’esame, sia per preparazione che psicologico?

Sergio: E’ possibile sostenere che l’esame non è obbligatorio, ma facoltativo. Tale affermazione deriva dalla lettura approfondita e logica da tutta la legislatura.

Siamo in grado di sostenerlo anche grazie a evidenze che ci sono state in questi anni, dal Decreto Legge 62/17 in avanti.

Noi di LAIF sosteniamo la possibilità e fattibilità di altre modalità di accertamento, più consone con il percorso di istruzione parentale. L’esame di idoneità nei termini in cui è proposto può a buona ragione essere inteso in forma affatto diversa da: test di inglese, prova di matematica, tema di italiano, orale in tutte le materie.
Naturalmente, la nostra lettura è solo una delle letture possibili, per la quale è richiesto un approfondimento, un atteggiamento dialogante con il dirigente scolastico, una dialettica, una preparazione.

Il DS ha dei doveri; di questi doveri fa parte, ad esempio, quello di accertare che sia effettivamente in atto un percorso di apprendimento in un ambito di civiltà.

Ci dobbiamo muovere dentro ad un quadro, che è quello delle Indicazioni nazionali per il curricolo del 2012. Questo testo fondamentale contiene tutti i termini per sostenere la nostra posizione sul piano logico e concettuale: offre gli argomenti e le parole per un discorso che ci dà il sostegno necessario, soprattutto nelle prime 20-24 pagine.

La nostra è una posizione legittima, all’interno della legge, che sta in piedi.

Ci sono casi che danno conforto di questa linea.
Come LAIF non forniamo il corso online di inglese, ma mettiamo a disposizione competenze (sia come genitori che si scambiano competenze, sia come gruppo di approfondimento).
Giulia: non c’è bisogno di un prodotto precostituito in questo percorso, se si entra nel vero senso dell’istruzione parentale.

Per avere un pacchetto precostituito, meglio seguire il percorso strettamente scolastico.

Sergio: Quando siamo all’interno delle competenze chiave, (introdotte nel 2018 in una raccomandazione del Consiglio dell’Unione europea, recepite e rimodulate e riscritte nelle Indicazioni nazionali), che è come un campo definito da 8 paletti, possiamo muoverci con grande libertà e sicurezza.

A questo modo, diamo piena attuazione ad un principio costituzionale  che ci dà sostegno: “L’arte e la scienza sono libere e  libero ne è l’insegnamento” (art. 33). Questo articolo continua dicendo: “La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione”. Muovendoci in questo campo, non dobbiamo aver paura di niente.

Possiamo dimostrare che ci stiamo muovendo nel rispetto, non di una circolare o di un decreto scritto male e confusionario (v. ad esempio l’art.23 del DL 62), ma dei principi fondanti, “le norme generali sull’istruzione”.

Giulia: Fare istruzione parentale (o famigliare) non ci esima dallo studiare: semplicemente si studia in altri modi, si parte dalla motivazione, dall’entusiasmo, elementi che ti fanno crescere, non perché qualcuno ti obbliga.

Giorgio, maestro in una scuola senza zaino: fare l’esame è una forma di tutela del bambino, perché non si sa mai cosa può succedere in una famiglia e un’idoneità nel cassetto può essere una risorsa.

Sergio: concordando con questa affermazione, non possiamo dimenticare che devono avere diritto di cittadinanza anche altre possibilità: deve esistere il diritto per tutti di essere accertati con una modalità congrua al proprio percorso. Mi rifiuto di credere che un esperto dell’insegnamento possa accertare il percorso in atto con una sola modalità, che è quella del compitino di matematica, del tema o altro.

Ecco perché il rapporto fra istituzione famiglia e istituzione scuola deve essere ricco.

Siamo d’accordo che l’accertamento sia necessario ma l’esame scolastico svolto in quell’unica maniera non deve essere obbligatorio.

Giulia: La vita è nella biodiversità. Se la valutazione tiene presente il pieno sviluppo della persona, come insegnante non c’è bisogno di quella modalità di esame.

Sergio: Le Linee guida attribuiscono al docente il compito di individuare gli strumenti per effettuare la valutazione.

 

Cosa sognate per la vostra associazione?

Per Che scuola?! risponde Antonella:Il mio sogno per Che scuola si sta già realizzando e consiste nel creare dei momenti di incontro, conversazione e ascolto, e quindi di crescita senza giudizio e ma nell’umiltà che qualunque altra persona ha qualcosa da dirmi e insegnarmi.

Per LAIF rispondono:

  • Giulia: il dialogo tra le due istituzioni, dei momenti di incontro e di condivisione di esperienza, di arricchimento relazionale e umano che è semplicemente meraviglioso. Porto il mio essere insegnante nel mio essere mamma in istruzione parentale e il mio essere mamma istruzione parentale nel mio essere insegnante.
  • Sergio: di riuscire a consolidare il concetto di facoltà di fare l’accertamento in termini congruenti e consoni: da questo passaggio transita la possibilità di esercitare questo approccio all’apprendimento e alle educazioni dei figli, che è l’istruzione parentale (o famigliare), in tutte le sue declinazioni possibili.
    Una nuova idea di apprendimento è una nuova idea di essere, nel rapporto con gli altri esseri: c’è in gioco anche il modo di abitare il mondo.

Report a cura di Nunzia Vezzola

Disegno di Isabella: “Il ritratto del nostro giardino”

Il video con la registrazione in diretta dell’incontro si trova a questo link.

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