Il portfolio per gli homeschooler

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Il portfolio è un termine in uso soprattutto in ambito didattico e professionale.
Si trova nei libri di testo scolastici alla fine delle singole unità di apprendimento, per riassumere le abilità e competenze acquisite dagli studenti.
Ne fanno uso i professionisti (architetti, designer, ecc.), come biglietto da visita per sintetizzare e rappresentare in maniera ordinata e schematica le esperienze lavorative acquisite, eventualmente corredandolo di documenti, immagini e materiali di vario genere.
Ve ne sono di vario tipo, su supporti diversi, online, interattivi.

Si tratta di un elenco delle conoscenze, competenze, abilità, esperienze accumulate dal bambino, o dall’adulto, durante il suo percorso di apprendimento e/o professionale.

Per gli homeschooler, il portfolio rappresenta una grossa risorsa soprattutto nel momento dell’accertamento del dovere genitoriale di istruzione dei figli.

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Foto di Oli Lynch da Pixabay

Perché usare il portfolio?

Se non si fa l’esame

Chi decide di non sostenere l’esame trova nel portfolio uno strumento di dialogo con il sistema scolastico già noto, condiviso, flessibile, chiaro e semplice.

Esso permette di documentare che il ragazzino è dentro ad un percorso di apprendimento, le caratteristiche dello stesso, dando atto al contempo di quelle che sono state le sue conquiste, i progressi e delle competenze ed esperienze acquisite.

I vantaggi di servirsi di questo strumento sono diversi:

  • è uno strumento noto al DS ed ai docenti, quindi che avvicina reciprocamente l’istituzione famiglia e l’istituzione, consentendo loro di parlare lo stesso linguaggio
  • per la sua natura, si adatta bene ad essere utilizzato anche al di fuori del sistema scolastico, consentendo di superare quindi certi schemi che poco si adattano alla realtà dell’istruzione parentale; ad esempio il concetto di “materia di insegnamento”, oppure una certa progressione prestabilita delle conoscenze e abilità (ad esempio le tabelline in terza, la storia solo in una successione cronologica, la geografia partendo dall’Italia, ecc.)
  • esso verte sulle abilità e competenze acquisite e permette quindi di lavorare tenendo come riferimento principale le competenze chiave delle Raccomandazioni del Parlamento europeo del 2006 aggiornate nel 2018 recepite pienamente nell’ordinamento italiano
  • di solito contiene anche attestati, premi, riconoscimenti ottenuti per la frequenza di corsi o per la partecipazione a gare o simili
  • soprattutto, si può adattare a qualsiasi esigenza, a qualsiasi percorso di apprendimento e si può arricchire ed integrare con documenti sonori, audiovisivi, fotografie, disegni, racconti e quant’altro.

Se si fa l’esame

A chi sostiene l’esame si consiglia di utilizzare il portfolio e non il “programma”.
E ciò per almeno due ragioni:

  • il “programma ministeriale” non esiste più, ogni docente (o gruppo di docenti di una scuola/materia) segue un proprio percorso, che spesso ricalca il libro di testo in adozione, ma non esistono più dei dettati ministeriali su questo tema.
    L’unico riferimento è quello delle “Indicazioni nazionali per il curriculum” del 2012, che stabiliscono dei traguardi e degli obiettivi di apprendimento e che impongono di ragionare su periodi lunghi, per rispettare i tempi di maturazione del bambino: “Gli obiettivi sono organizzati in nuclei tematici e definiti in relazione a periodi didattici lunghi: l’intero triennio della scuola dell’infanzia, l’intero quinquennio della scuola primaria, l’intero triennio della scuola secondaria di primo grado”( cap. “Aree disciplinari e discipline”). Per questo motivo, nella maggior parte degli ambiti disciplinari esistono dei traguardi/obiettivi soltanto per la quinta elementare e la terza media (anche se esiste un’indicazione di obiettivi alla fine della terza elementare per alcune materie).
  • Il termine “programma” ci porta ad aderire, volenti o nolenti, ad una rappresentazione mentale dei saperi e delle abilità e competenze divisi in “materie”. Sappiamo tutti bene quanto artificiosa sia questa suddivisione, e dal 2012 la necessità di cogliere la complessità della realtà e della vita sta scritta anche nelle Indicazioni nazionali per il curricolo: “Le discipline, così come noi le conosciamo, sono state storicamente separate l’una dall’altra da confini convenzionali, che non hanno alcun riscontro con l’unitarietà tipica dei processi di apprendimento. Ogni persona, a scuola come nella vita, impara infatti attingendo liberamente dalla sua esperienza, dalle conoscenze o dalle discipline, elaborandole con un’attività continua e autonoma. Oggi, inoltre, le stesse fondamenta delle discipline sono caratterizzate da un’intrinseca complessità e da vaste aree di connessione che rendono improponibili rigide separazioni.” ( cap. “Aree disciplinari e discipline”)

Il portfolio è quindi uno strumento che ci mette nella condizione di uscire dagli schemi del “programma” e delle “materie”, pur dandoci la possibilità di rappresentare in modo esaustivo, articolato e flessibile l’insieme dei saperi, delle abilità e delle competenze raggiunti dal ragazzino, mediante un documento conosciuto al mondo della scuola (e del lavoro) e con un linguaggio condiviso. Le scuole infatti lo usano da alcuni anni: in molti libri di testo si trova il portfolio alla fine di ciascuna unità di apprendimento (unità didattica).

Come fare un buon portfolio?

Il portfolio è un elenco ordinato, schematico, volendo anche ragionato di competenze acquisite, di esperienze vissute, di cose fatte. E’ organizzato per “temi”, in genere per competenze o abilità acquisite, non per conoscenze. L’ordine cronologico è una traccia utile, ma complementare.

Per realizzarlo è quindi necessario raccogliere e catalogare le testimonianze e le storie del percorso di apprendimento del ragazzino in questione.
Di solito è necessaria anche una sorta di selezione degli elementi più significativi per render conto di un determinato processo.
Si potrà poi, ad esempio, organizzare il materiale per “capitoli” principali, magari tenendo d’occhio le otto competenze chiave del quadro di riferimento europeo:
1) comunicazione nella madrelingua;
2) comunicazione nelle lingue straniere;
3) competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia;
4) competenza digitale;
5) imparare a imparare;
6) competenze sociali e civiche;
7) spirito di iniziativa e imprenditorialità; e
8) consapevolezza ed espressione culturale.

Ricordiamoci che “le competenze chiave sono considerate ugualmente importanti ... Molte delle competenze si sovrappongono e sono correlate tra loro: aspetti essenziali a un ambito favoriscono la competenza in un altro ... Vi sono diverse tematiche che si applicano nel quadro di riferimento: pensiero critico, creatività, iniziativa, capacità di risolvere i problemi, valutazione del rischio, assunzione di decisioni e capacità di gestione costruttiva dei sentimenti svolgono un ruolo importante per tutte e otto le competenze chiave.” (Allegato delle Raccomandazioni del Parlamento europeo e del Consiglio)

Il diario di bordo può aiutare a predisporre un buon portfolio, anzi, può rappresentarne una prima fase, in quanto consiste proprio nel lavoro di registrazione delle varie tappe del percorso di apprendimento, nella loro elaborazione sul piano didattico e nell’archiviazione  della documentazione relativa.

Una volta che il materiale è raccolto, ordinato e organizzato secondo dei criteri logici o didattici, si potrà decidere che veste grafica dargli e quale tipo di presentazione scegliere. Aspetto, come si sa, per nulla secondario sul piano della comunicazione.

 

Nunzia Vezzola, docente e mamma homeschooler

Credits: Foto di Oli Lynch da Pixabay

 

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