Ben-essere del bambino o successo del futuro adulto?
Elena Piffero spiega perché l’istruzione debba essere di qualità e non orientata soltanto alla vita professionale; essa non può mirare soltanto alla fortuna e alla carriera, bensì al ben-essere del bambino di oggi e al ben-divenire dell’adulto di domani.
Una linea che si sposa pienamente con le Indicazioni nazionali per il curriculum del 2012.

Questo approccio all’educazione e all’istruzione (l’unschooling, n.d.r.) permette, tra l’altro:
– il rispetto della libertà di muoversi liberamente del bambino, nella consapevolezza che l’apprendimento per i bambini avviene neturalmente in un contesto dinamico
– il rispetto dei bioritmi naturali e delle esigenze di riposo, con un impatto positivo sulla concentrazione, l’autocontrollo, la gestione delle emozioni
– il beneficio del contatto quotidiano con la natura, percepito come qualcosa di cui si fa parte e non “qualcosa a parte”, con un impatto positivo sul benessere fisico e psicologico e sull’interiorizzazione dell’ecologia attraverso una immersione che coinvolge la sfera intellettiva, emotiva, psicologica, relazionale.
Il pensiero di David Orr
Nel suo celebre saggio What is education for? (A cosa serve l’educazione?), David Orr proponeva già nel 1991 una riflessione ancora attuale sulla funzione dell’educazione.
Per Orr, l’aumento della conoscenza non rende automaticamente migliori le persone.
La nostra società ha privilegiato un certo tipo di conoscenza, di tipo tecnologico ed economico, più lucrativa, che si è espansa, alle spese però di un altro tipo di conoscenza, quella legata all’ecologia, che si sta perdendo.
In ultima analisi, conclude Orr, sembra che stiamo diventando più ignoranti esattamente nel tipo di conoscenze e competenze che ci permetterebbero di vivere in maniera sostenibile sulla terra.
Scrive senza mezzi termini:
“Il pianeta non ha bisogno di più persone ‘di successo’.
Ma ha un disperato bisogno di costruttori di pace, di persone che aiutino a guarire il corpo e la mente, restauratori, narratori e amanti di ogni forma e forma. Ha bisogno di persone che vivono bene al loro posto.
Ha bisogno di persone di coraggio morale disposte ad unirsi alla lotta per rendere il mondo abitabile e umano.
E questi bisogni hanno poco a che fare con il successo come la nostra cultura l’ha definito. […]La verità è che molte cose dalle quali dipendono la salute e la prosperità del futuro sono in grave pericolo: la stabilità del clima, la resilienza e la produttività dei sistemi naturali, la bellezza del mondo naturale e la diversità biologica.
Vale la pena notare che tutto questo non è stato causato da persone ignoranti.
È, piuttosto, in gran parte il risultato del lavoro di persone con Masters, Lauree Specialistiche, Dottorati. Elie Wiesel ha ribadito lo stesso punto al Global Forum di Mosca lo scorso inverno, quando ha affermato che i progettisti e gli autori dell’olocausto erano gli eredi di Kant e Goethe.
Per molti aspetti i tedeschi erano le persone più istruite sulla Terra, ma la loro educazione non è servita come adeguata barriera alla barbarie. Cosa c’era di sbagliato nella loro educazione? Nelle parole di Wiesel: ‘Enfatizzava le teorie anziché i valori, i concetti anziché gli esseri umani, l’astrazione anziché la consapevolezza, la capacità di dare risposte invece che quella di porre domande, anteponeva l’ideologia e l’efficienza alla coscienza’.Lo stesso si potrebbe dire del modo in cui la nostra educazione ci ha preparato a pensare al mondo naturale. […]
Questo scritto non è una difesa dell’ignoranza, ma piuttosto una dichiarazione sul valore dell’istruzione, che deve essere misurato rispetto agli standard della decenza e sopravvivenza umana […]. Non è l’educazione che ci salverà, ma l’educazione di un certo tipo“
Ed è verso questo tipo di educazione umanistica ed ecologica che la nostra famiglia guarda come riferimento ideale di un percorso che pone al centro l’unicità della persona umana, in linea peraltro con le indicazioni nazionali del curriculum 2012, in cui si legge:
“Le finalità dell’istruzione devono essere definite a partire dalla persona che apprende, con l’originalità del suo percorso individuale e le aperture offerte dalla rete di relazioni che la legano alla famiglia e agli ambiti sociali. La definizione e la realizzazione delle strategie educative e didattiche devono tener conto della singolarità e complessità dell’alunno, della sua articolata identità, delle sue aspirazioni, capacità e delle sue fragilità, nelle varie fasi di sviluppo e di formazione.
L’alunno è al centro dell’azione educativa in tutti i suoi aspetti: cognitivi, affettivi, relazionali, corporei, estetici, etici, spirituali, religiosi. In questa prospettiva, i docenti dovranno pensare e realizzare i loro progetti educativi e didattici non per individui astratti, ma per persone che vivono qui e ora, che sollevano precise domande esistenziali, che vanno alla ricerca di orizzonti di significato”.
Per noi, l’istruzione parentale nella forma dell’unschooling si presta particolarmente, come suggeriscono le indicazioni per il curriculum, a “porre le basi del percorso formativo dei bambini e degli adolescenti sapendo che esso proseguirà in tutte le fasi successive della vita.
In tal modo [si forniscono] le chiavi per apprendere ad apprendere, per costruire e per trasformare le mappe dei saperi rendendole continuamente coerenti con la rapida e spesso imprevedibile evoluzione delle conoscenze e dei loro oggetti. Si tratta di elaborare gli strumenti di conoscenza necessari per comprendere i contesti naturali, sociali, culturali, antropologici nei quali gli studenti si troveranno a vivere e a operare“.
Elena Piffero, socia LAIF e autrice del libro “Io imparo da solo”, per Terra Nuova Edizioni
Credits: Foto di Petra da Pixabay
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