Sono un ex genitore unschooler. Sei anni senza andare a scuola e adesso i miei figli frequentano una scuola democratica (modello Sudbury) a Parigi.
Unschooling e educazione democratica hanno una relazione in qualche modo complessa.[…]
I due hanno importanti somiglianze ma ci sono anche differenze cruciali. Il contesto di una scuola democratica è molto diverso da una casa unschooler e ciò, a mio avviso, influisce sul modo in cui si comportano le persone in quella comunità – e per estensione ciò che imparano i bambini.
L’apprendimento è ambiente-dipendente.
Perché l’apprendimento auto-guidato non è mai contesto-free.
Il nostro ambiente influenzerà ciò che impariamo e le opportunità che ci vengono aperte. In un ambiente senza testi e carta stampata è altamente possibile che i bambini crescano senza imparare a leggere.
Creiamo i nostri ambienti di apprendimento a seconda dei nostri interessi (ed il nostro codice genetico) ma possiamo lavorare solo con ciò che abbiamo.
Mia figlia, ad esempio, ha imparato a parlare Francese nell’anno in cui ci siamo trasferiti a Parigi. Era circondata dal Francese ed era altamente motivata a farlo, visto che gli altri bambini a scuola parlavano Francese. Se fossimo andati in Inghilterra, non parlerebbe Francese. Il suo apprendimento era completamente auto-guidato, ma l’ambiente è stato un elemento cruciale che ha determinato sia l’occasione sia la motivazione.
Cosa fanno in pratica?
Molto di ciò che fanno i bambini in una scuola Sudbury (democratica) assomiglia all’unschooling. Mio figlio si porta l’iPad a scuola e passa le giornate a giocare a Minecraft […]. Mia figlia passa le giornate a saltare su divani a farsi delle tane, a far finta di essere un gatto, a disegnare gatti […].
E’ facile capire perché i genitori unschooler possono chiedersi perché dovrebbero pagare per questo se i loro figli possono fare le stesse cose che fanno a casa.
Ebbene sì, lo possono fare; ma ci sono importanti differenze nell’ambiente e nelle priorità.
Una differenza nelle priorità.
Una famiglia unschooler darà la precedenza alle interconnessioni e alle relazioni famigliari e ai propri figli come individui. Per una scuola democratica la precedenza va alla comunità (dietro alla famiglia), alla democrazia ed al benessere della scuola nel suo insieme.
L’unschooling dà maggior spazio ai genitori che creano un ambiente di apprendimento personalizzato e ricco per ciascun singolo figlio, mentre una scuola democratica dà più spazio alla responsibilità, all’auto-gestione e alla motivazione da parte di ogni del bambino.
In entrambe le situazioni il bambino può apprendere in modo auto-guidato, e lo farà, ma il modo in cui influenzano il loro ambiente è diverso. Per gli unschooler, i genitori sono quasi sempre la chiave per metterli nelle condizioni di perseguire le proprie passioni […]. Per il fatto che un genitore unschooler può rifiutare, ad esempio, di lasciare il bambino trascorrere la giornata intera al computer, o di portarlo da un certo amico, essi (i genitori unschooler) possono evitare queste cose. E’ un controllo a cui rinunciano se il figlio entra in una scuola democratica, e molti genitori trovano tale transizione estremamente dura. In una scuola democratica, l’intera comunità può scegliere di evitare che qualcosa avvenga – alcune scuole democratiche hanno, per esempio, giornate schermi-free, ma nessun individuo ha potere su qualcun altro.
Il ruolo differente del genitore.
Il ruolo di un genitore che fa unschooling e quello del genitore di un bambino di una scuola democratica sono chiaramente diversi. Genitori che affrontano questo passaggio spesso non apprezzano il fatto che il loro ruolo sia cambiato – e forse non si parla abbastanza di questa transizione. Certamente io l’ho trovato duro. C’è una perdita di identità quando non si è più un genitore unschooler, ironicamente una perdita di controllo sulle vite dei propri figli. Inoltre, il grado di fiducia che bisogna avere nei propri figli e nel processo di apprendimento auto diretto è significativamente maggiore in una scuola democratica, secondo la mia esperienza, rispetto a quando si fa unschooling.
Le scuole democratiche (almeno il modello Sudbury con cui ho più famigliarità) non mandano dei feed back ai genitori su ciò che fanno i loro figli e non dicono loro se i bambini stanno vivendo situazioni problematiche o conflittuali con altre persone. Dipende dal bambino decidere se parlarne con i genitori, se lo desidera. E’ completamente diverso dall’unschooling. Questo perché i genitori che fanno unschooling sono una sorta di ‘compagni’ dei loro figli, il che significa che sono profondamente coinvolti nella vita e nelle scelte dei bambini. […]
Lo staff di molte scuole democratiche non si assume questo ruolo. Per l’inizio, la ratio dello staff dei bambini non consente tale intensità di interazione. Nelle scuole di modello Sudbury, per esempio, non c’è nessun componente dello staff che si prende la responsabilità di sorvegliare l’apprendimento del bambino o di vedere se hanno fame o bisogno di un pisolino. La responsabilità è tutta del bambino – talvolta i miei figli non mangiano per l’intera giornata e poi escono famelici e scontrosi. Da genitore che fa unschooling avrei offerto a più riprese snack e pasti, a scuola dipende esclusivamente da loro di pensare al cibo.
Un diverso senso di responsabilità.
Quando facevo unschooling, non mi aspettavo che i bambini facessero le faccende, e per lo più non ne facevano. Cucinavo, pulivo, riordinavo e lavavo i vestiti, e loro giocavano. Talvolta chiedevo loro di aiutarmi, e nella maggior parte dei casi dicevano di no. Mi assumevo io la responsabilità di tener pulito il nostro ambiente.
Nella loro scuola, le cose sono diverse. Ci sono faccende assegnate a turno: si insegna ai bambini a pulire e ci si aspetta che lo facciano tutti i giorni. Fui in qualche modo sorpresa alla fine del periodo di prova di mio figlio, quando tornò a casa dicendo che adesso era allenato per pulire il gabinetto e che lo stava facendo tutti i giorni alle 2 del pomeriggio. […]
Se non fanno il loro lavoro, la cosa viene trattata dal sistema giudiziario, proprio come con qualsiasi altra infrazione di regole. Nessuno gli sta col fiato sul collo o glielo ricorda.
Improvvisamente i miei figli sono consapevoli del lavoro che ci vuole per tenere pulita e ordinata una scuola o una casa. Anche quando non fanno loro personalmente il lavoro, vedono gli altri che collaborano. Alla fine di ciascuna giornata la scuola intera si concentra sulle pulizie. Quando arrivo a prenderli, vengo salutata da un bimbo di 8 anni che passa l’aspirapolvere. […]
Per concludere.
L’unschooling e le scuole democratiche condividono una metodologia educativa, l’educazione auto-guidata. Tuttavia, essi son piuttosto diversi nel contesto e nei valori e le priorità di questi contesti sono dissimili. In particolare, i ruoli dei genitori sono divergenti.
Ciò significa che le esperienze di bambini in unschooling sono chiaramente diverse da quelle dei bambini in scuole democratiche, e che alcuni bambini e le loro famiglie troveranno uno dei due approcci più adeguato. In ogni caso sarebbe bene ricordare che, agli occhi del resto del mondo, siamo tutti identicamente strani nella nostra scelta di non imporre un curriculum ai nostri figli. Utilizzare le nostre differenze per definirci servirà solo ad indebolire la causa dell’educazione auto-diretta ed intralciare i nostri tentativi di mostrare al resto del mondo che un’educazione può essere di gran lunga più esaltante di qualunque cosa essi possano immaginare.
Noemi Fisher, psicologa britannica
Articolo già pubblicato a questo link sul sito The Alliance for Self-Directed Education
Traduzione di Nunzia Vezzola
Articolo segnalato da Alessandra Smania