
L’insegnamento non richiesto ostacola l’apprendimento.
La correzione degli errori è dannosa.
L’esempio, inteso come fare insieme e come farsi vedere a fare, può essere un approccio corretto per l’educazione e l’istruzione dei piccoli.
Nell’articolo Il potere dell’esempio pubblicato sul blog del bambino naturale ho tradotto il pensiero di John Holt su questo tema.
“Ciò di cui i bambini piccoli hanno bisogno è l’opportunità di vedere ragazzi più grandi e adulti scegliere e intraprendere attività diverse e lavorarci per un periodo di tempo finché non sono finite”¹.
I bambini ci guardano … ed in particolare guardano i bambini più grandi. Ne sono affascinati e cercano di imitare il più possibile.
Se noi parliamo in inglese, ad esempio con il gatto o con il vicino, anche nostro figlio sarà invogliato a farlo.
Se noi leggiamo, facciamo i conti con la penna, ci arrampichiamo su un albero … siamo per lui uno stimolo ad apprendere.
E non serve dirgli: “Guarda!”, “Fallo anche tu!”, “Fai così” …. No, lui sarà spontaneamente invogliato a fare altrettanto.
Il bambino osserva, studia il luogo, gli oggetti, i movimenti, i tempi. Fa ipotesi, prova, ruba il mestiere.
“I bambini hanno bisogno di cose fatte bene”, come cucinare, ma soprattutto impastare e “cuocere al forno, in cui i materiali cambiano forma e sostanza”. Anche in questo caso, la formula magica è combinare esempio e accesso.
E chi è convinto di non possedere conoscenze e/o competenze, o di non aver nulla da mostrare?
John Holt è implacabile: suggerisce a tutti di mettersi ad imparare!
Sì, perché imparare e farsi vedere mentre si impara è un forte stimolo per i bambini.
Innanzi tutto, questo esempio trasmette il messaggio implicito che l’apprendimento non è una cosa da bambini, ma che evidentemente tutti imparano, a qualsiasi età.
Poi, è un grande esempio, dal potere travolgente.
Questo è particolarmente valido per chi pratica l’apprendimento autoguidato,
I bambini devono essere coinvolti nelle attività, sia quotidiane sia professionali, devono avere accesso ai luoghi di lavoro ed essere resi partecipi dei processi produttivi, operativi, e anche della progettazione, che è una fase molto importante.
¹ Le citazioni sono tratte da: John Holt, Learning all the time, Da Capo Edizioni, 1989, pp. 129-132.
Credits:
Foto di LaterJay Photography da Pixabay
John Holt, Learning all the time, Da Capo Edizioni, 1989, pp. 129-132.
Bell’articolo Nunzia!
Sono perfettamente d’accordo quando scrivi che i bambini hanno bisogno di vedere i ragazzi più grandi o gli adulti fare qualcosa, partecipare all’attività e all’intero processo di realizzazione facendo le cose “fatte bene”.
La bellezza nasce dalla cura e dal lavoro attento e scrupoloso e non dalla fretta… il tempo è un valore da recuperare.
Mi piacerebbe approfondire la parte in cui scrivi quanto segue: “Qualcuno teme di non aver nulla da mostrare? È opportuno che impari una tecnica o acquisisca una competenza, almeno secondo Holt.”
Cosa intende Holt quando scrive questo?
Cosa intendevi sottolineare tu?
Sicuramente avremo modo di approfondire.
Grazie!
Barbara
Grazie Barbara, per questo tuo interesse e per l’occasione che mi dai di ritornare su questa tematica così importante.
John Holt affronta la questione molto accuratamente, nelle sue diverse articolazioni e sfaccettature.
Infatti, alcune volte gli adulti ritengono di non possedere competenze da mostrare (io dico, ad esempio, nelle lingue straniere: cosa fa il genitore che non ne conosce? O chi non sa riparare una bicicletta. Deve trovare un tutor per suo figlio?).
In questi casi, John Holt dice esplicitamente che i genitori “che non possiedono competenze … dovrebbero impararne e farsi vedere dai bambini mentre imparano, anche se si tratta di cose semplici come la dattilografia. Dovrebbero invitare i bambini ad usare queste competenze insieme a loro.
In questo modo i bambini possono essere lentamente trainati a livelli sempre più alti di energia, impegno e competenza, in attività adulte sempre più serie ed utili.” (Le parti tra virgolette sono citazioni)
Quello che io volevo sottolineare è appunto l’opportunità che l’adulto si ponga, non come insegnante o tuttologo, ma più umilmente come colui che ha ancora tanto da apprendere: i bambini imparano ad imparare anche vedendo noi che impariamo, e che sbagliamo, e che ritentiamo senza perderci d’animo; così trasmettiamo anche il messaggio che l’apprendimento non è “una cosa da bambini”, ma che fa parte della vita, in ogni momento.
L’analisi di John Holt continua e si articola ulteriormente. Io volevo dare solo spunti di riflessione.
Un saluto.
Nunzia.