In questo articolo, Mamma Antonella, ha scelto di trattare un argomento un pò delicato che le sta molto a cuore: i bisogni educativi speciali.
Il suo intento è quello di dare un piccolo contributo in termini di riflessione e incoraggiamento. Questo testo è dedicato a tutte le famiglie con bambini e ragazzi “speciali” che vorrebbero intraprendere l’istruzione parentale.
In punta di piedi
Oggi vi parlo di un tema che mi sta molto a cuore… Forse perché nella mia vita ho avuto la fortuna di incontrare tanti bambini, ragazzi e adulti “speciali”. Ogni volta ho sentito dentro di me una risonanza altrettanto “speciale” che mi spingeva ad entrare in relazione con loro e con le loro famiglie. Alcuni di quei bambini, li ho visti crescere e superare diversi ostacoli, grazie soprattutto alla tenacia di mamme e papà che non mollano mai. E se anche lo fanno per un attimo, è solo per prendere fiato…
Mi inoltro, dunque, in questo argomento con profondo rispetto e in punta di piedi…
Vorrei subito fare una considerazione: da quando sono diventata una “mamma homeschooler”, ho cominciato a guardare le cose da un altro punto di vista (come sarà capitato sicuramente anche a voi!). E rileggendo la definizione di BES nella Direttiva Ministeriale del 27 dicembre 2012, mi sono chiesta se tale definizione continui a sussistere anche al di fuori del contesto scolastico.
Sicuramente la Direttiva è utile per comprendere il “fenomeno” e prevede degli strumenti (come il PDP-Piano Didattico Personalizzato) altrettanto utili, ma nella realtà spesso le cose sono un po’ più complicate…
Il mio intento, tuttavia, NON è quello di esprimere un giudizio sulla Direttiva citata, né tanto meno sullo scopo per cui è stata scritta, e cioè favorire l’integrazione/inclusione scolastica degli alunni con BES.
Il mio intento è invece quello di capire se è possibile liberare bambini e ragazzi dal peso di alcune “etichette”, soprattutto al di fuori del contesto scolastico, come ho già detto.
La mia risposta sarebbe “SI’, E’ POSSIBILE!”, nel senso che se si sceglie di fare homeschooling, non ci sono più “alunni BES” o “alunni certificati” e via dicendo… ci sono semplicemente Luca, Matteo, Stefania…
E quale sarebbe la differenza? Scomparirebbero forse problemi e difficoltà?
Partire dalle potenzialità
Proviamo allora a guardare le cose da un altro punto di vista, ancora una volta…
Una delle differenze fondamentali, a mio avviso, sarebbe quella di avere la possibilità di partire dal bambino/ragazzo e dalle sue potenzialità, nel rispetto dei tempi individuali. In realtà anche il PDP che viene utilizzato a scuola ha questo obiettivo. Nella realtà dei fatti purtroppo si parte ancora troppo spesso dalle “difficoltà” e dai “problemi”.
Intraprendere un percorso di homeschooling è una scelta impegnativa per tutti i genitori che hanno deciso di assumersi la responsabilità dell’istruzione dei propri figli. Nei casi di famiglie “speciali” (uso questo aggettivo non come un’etichetta, ma perché credo che lo siano davvero!), immagino che tale scelta possa essere ancora più impegnativa. Ma non per questo meno praticabile, come a volte vorrebbero far credere alcuni dirigenti o insegnanti.
Uscire fuori dal sistema scolastico, vuol dire abbandonare, noi genitori in primis, una certa visione dell’educazione e dell’apprendimento, non più esclusiva di luoghi, tempi e testi uguali per tutti. E questo vale a maggior ragione per le famiglie “speciali” per le quali la personalizzazione degli apprendimenti è ancora più importante.
La domanda, allora, potrebbe essere un’altra: quali benefici potrebbe avere un bambino/ragazzo “speciale” dal seguire un percorso di homeschooling, quando invece a scuola verrebbe seguito da un insegnante di sostegno specializzato (non sempre) sull’argomento?
Nella pratica, purtroppo, le cose sono ancora una volta più complicate del previsto…
Il “mondo” come risorsa per i bisogni educativi speciali
Tralasciando ogni polemica sulla carenza cronica di insegnanti di sostegno che possano seguire stabilmente il percorso di un alunno con BES, proverei a dare una risposta alla domanda sopra formulata.
Innanzitutto alcune “etichette” cadrebbero, come ho già detto, e per una famiglia che porta già il peso di una “diagnosi” potrebbe essere un alleggerimento non di poco conto. I problemi rimangono, è vero, ma una mamma e un papà conoscono fino in fondo il loro bambino/ragazzo e questo è sicuramente un punto di forza.
Da soli non è facile?
Allora bisognerebbe attivarsi il più possibile per creare intorno alla propria famiglia, una rete di sostegno o una comunità educante, nella quale ognuno possa dare il suo contributo. Potrà trattarsi di uno specialista, un’associazione, un terapeuta di cui ci fidiamo, un insegnante… ma anche un parente, un’amica, un esperto in una materia di particolare interesse e via dicendo.
Tutto questo “mondo” che ci circonda è una preziosa risorsa per TUTTE le famiglie che hanno scelto l’istruzione parentale!
E l’esame d’idoneità/accertamento annuale quando ci sono bisogni educativi speciali?
Bisogna preparare un PDP? Sicuramente non nei termini in cui viene inteso a scuola, ma nei termini di un PDE (Progetto didattico-educativo) così come previsto dalla normativa vigente per tutte le famiglie in istruzione parentale (a tal proposito rimando all’articolo di Nunzia Vezzola: Homeschooling e disturbi specifici o bisogni speciali).
Quale integrazione/inclusione è possibile
Un’altra domanda con la quale confrontarsi rimane quella relativa alla socializzazione e che potrebbe essere formulata più o meno così: quale integrazione/inclusione è possibile per un bambino/ragazzo “speciale” al di fuori della scuola?
Io mi permetto di rispondere con un’altra domanda: è possibile una reale integrazione/inclusione all’interno delle classi scolastiche? E poi risponderei con alcune testimonianze raccolte negli anni, alcune molto positive soprattutto a livello di RELAZIONI con gli altri compagni di classe; altre purtroppo negative…
Non si può certamente generalizzare, ma una cosa è certa: rimane fondamentale la salvaguardia del benessere psico-fisico della “persona”. Nonché preservarne la serenità e un approccio POSITIVO alla vita. Se ciò non può essere garantito all’interno della scuola, a mio avviso, può esserlo al di fuori, in un ambiente famigliare più “a misura” di quel bambino/ragazzo, come può essere un percorso di homeschooling.
Per quanto riguarda la socializzazione, inoltre, si tratta piuttosto di CREARE RELAZIONI che siano significative e gratificanti per tutte le “persone” coinvolte (a questo proposito rimando ad un mio precedente articolo dal titolo Socializzare o creare relazioni?). Posso inoltre testimoniare personalmente che è molto più “inclusiva” una situazione di gioco libero al parco o un gruppo sportivo… Sono situazioni dove alcune “etichette” non hanno più senso e ciò che conta è STARE BENE INSIEME!
Un legame “speciale”
Concludo dicendo che TUTTI i bambini (ed ognuno di loro) hanno “bisogni educativi speciali” perché UNICI e IRRIPETIBILI, come noi genitori sappiamo molto bene…
Un giorno mio figlio mi ha detto: “Mamma, immagina se avessi avuto un’altra mamma..” Poi ci ha riflettuto un attimo ed ha aggiunto “No mamma, io volevo PROPRIO TE!”… ed io non potevo che rispondergli “Anch’io volevo PROPRIO TE!”.
Credo sia proprio questo legame “speciale” tra genitori e figli a costituire quel terreno fertile dove coltivare e coltivarCI. E’ fondamentale per crescere insieme forti e felici, come gli alberi, con radici ben salde e rami protesi verso il mondo.
Buona crescita a tutti, alberi grandi e piccoli!
Mamma Antonella
PS: le famiglie “speciali” che volessero condividere il racconto della loro esperienza di istruzione parentale, possono scrivermi all’indirizzo percorsidiapprendimento@gmail.com
I racconti pervenuti verranno poi pubblicati sul sito di LAIF. Credo vivamente che ogni esperienza possa essere utile e preziosa per altre famiglie che vorrebbero intraprendere lo stesso percorso!
Troverete altri articoli di mamma Antonella a questo link
Altri spunti interessanti sull’apprendimento nella rubrica dedicata: “Riflessioni sull’apprendimento”