Libertà di formazione? No: „ diritto di apprendere liberamente ”. (pag. 13)
Per me è essenziale che ci sia la possibilità del niente, del vuoto, dell’inattività nel processo di apprendimento. Quindi ciò che non è tangibile e che appartiene anche al fenomeno di formarsi liberamente. Poi per me è anche importante il riflessivo: –si liberamente. Il motore di questo processo non viene dall’esterno, ma comincia con la persona stessa – ciò non vuol dire che non siano anche necessarie influenze esterne per apprendere liberamente. (pag. 14)
La maggior parte delle persone interpreta lo studio come un evento mirato che è concepito per – e che viene sanzionato corrispondentemente: in un esame in cui ti viene attestato che hai studiato. Prima di tutto hai un programma, contenuti, stadi di studio – nella psicologia dello sviluppo si parla di fasi dello sviluppo verso una meta: una varietà di immaginazioni, che sono completamente fuorvianti, perché la persona, se può gestirsi in autonomia, fa tutto questo comunque. (pag. 15)
Non conosco nessuno che non sia venuto a conoscenza della lingua del proprio ambiente e che non la padroneggia. Non deve venir insegnata né studiata, in modo mirato. (pag. 15)
Il diritto di apprendere liberamente indica la persona con la sua autonomia e le dà la dignità di soggetto che apprende liberamente. Con la mia definizione si chiarisce che non si tratta di dare la competenza per la “libertà d’istruzione” a chiunque: né allo stato, né ai genitori, né ai maestri, né alla scuola. Per questo la definizione artificiale di “libertà d’istruzione” copre il pericolo: dietro a esso si potrebbero nascondere delle persone che direbbero: “noi siamo contro lo stato e contro la scuola e gli neghiamo la prerogativa di definire l’istruzione e di impartirla ai nostri figli. Noi interpretiamo la “libertà d’istruzione” come il nostro diritto a stabilire la nostra considerazione, come genitori e come gruppo, di cos’è l’istruzione che vogliamo trasmettere”. (pag. 16)
La definizione di “libertà d’istruzione“ potrebbe nascondere qualcosa che non è stato inteso, quindi – lo ripeto – il trasferimento del potere scolastico all’autorità pedagogica genitoriale o all’autorità genitoriale scolastica. (pag. 17)
La cosa che non è vera è l’idea che la trasmissione dall’uno all’altro funziona attraverso la formazione, lo studio, la scuola – cosa che, a proposito, viene confermata in modo tragico nella realtà quotidiana: ad esempio, noi diamo per scontato che le lettere sono molto importanti, perciò vengono imposte alla generazione giovane. La generazione, che ha imparato questo obbligatoriamente, le usa ancora?
Dov’è sparito l’intenso piacere letterario di una volta, la gioia sensuale alla scrittura e alla lettura? Com’è noto, nella nostra modernità completamente scolarizzata non ci sono più, ma meno lettori in confronto a prima. Questo non chiarisce che l’insegnamento delle lettere ha peggiorato il problema? […] Se, però, le lettere fossero veramente importanti per noi, i giovani ci conoscerebbero come lettori e scrittori – perché , quindi, non dovrebbero voler scoprire anche loro i segreti delle lettere? […]
Delegare l’insegnamento della lettura e della scrittura alla scuola non vuol dire che questa possa realizzare questo impegno sociale; è sicuro, però, che gli uomini dipendenti da questa istituzione dovrebbero diventare oggetti. Questo non è un effetto collaterale terribilmente controproducente dell’intenzione di comunicare le lettere? (pag. 19-20)
Se le persone percepiscono, ad esempio, delle facoltà matematiche, scientifiche, filosofiche o artistiche come noiose o oppressive vuol dire che il loro rapporto con esse è stato disturbato. La scuola, forse, ha trasmesso qualcosa al momento sbagliato nel modo sbagliato – e consolidato lo sbaglio attraverso delle valutazioni prestazionali? Di questo non porta la colpa né la persona curiosa né la materia, ma invece l’infinita stupidità di una trasmissione scolastica a “studenti” in classi predefinite, con un calendario, un curriculum, con degli esami e molto altro.(pag. 20)
Tutte le traduzioni da:
Bertrand Stern, Frei Sich Bilden, Edition Unerzogen, 2015
Tradotto dal tedesco da Marco Leali